Le Sezioni Unite sull’effetto esdebitatorio del concordato anche nei confronti del socio illimitatamente responsabile che abbia prestato garanzia reale in favore della società

Pubblicato il 14 dicembre 2015

Secondo le Sezioni Unite della S.C. (Cass. SS.UU. 16/2/2015 n. 3022) l’effetto esdebitatorio del concordato preventivo, con la riduzione del credito alla sola percentuale offerta, si applicherebbe anche nei confronti del socio illimitatamente responsabile che abbia prestato la garanzia, il quale sarebbe, quindi, obbligato nei soli limiti della percentuale concordataria, in forza della disposizione dell’art. 184, comma 2.

Efficacia esdebitatoria del concordato preventivo verso il socio illimitatamente responsabile

Le Sezioni Unite fanno valere, infatti, l’interpretazione estensiva della disposizione di cui all’art. 184, comma 2, l.fall., in quanto la ratio della norma sarebbe nel senso che l’esecuzione della procedura concordataria e, in particolare, l’effetto esdebitatorio ad essa connesso, non coinvolgerebbe i rapporti contrattuali - di carattere tanto personale (quali la concessione della garanzia fideiussoria), quanto reale (tra cui figura la costituzione dell’ipoteca) - stipulati dai creditori della società con soggetti terzi estranei alla stessa, ancorché comportino il sorgere di obbligazioni a carico di questi ultimi.

Di conseguenza, poiché, l’esclusione dell’effetto esdebitatorio opererebbe in modo identico per le garanzie personali e per quelle reali, il terzo datore di ipoteca rientrerebbe nell’ambito applicativo della menzionata disposizione, con la conseguenza che il concordato avrebbe efficacia esdebitatoria nei confronti dei soci illimitatamente responsabili relativamente ai debiti sociali anche nell’ipotesi in cui i soci abbiano costituito ipoteca a garanzia di questi ultimi.

Interpretazione estensiva della prelazione sui beni del debitore

Va chiamata in causa dunque la disposizione dell’art. 177 l.fall. (nel testo anteriforma), che prevede l’obbligo del pagamento integrale dei crediti assistiti da cause legittime di prelazione, con la conseguente esclusione di questi ultimi dal voto, salva la rinuncia alla prelazione, e alla luce della ratio di tale disposizione - com’è noto rispondente alla finalità di evitare le alterazioni nella determinazione della maggioranza per l’approvazione della proposta concordataria, alterazioni che conseguirebbero inevitabilmente all’ammissione del voto dei creditori privilegiati per cui è previsto il pagamento integrale - la Suprema Corte ha ritenuto che il divieto di partecipare alla votazione possa estendersi a qualunque credito assistito da garanzia, e, più specificamente, a tutti i crediti assistiti dalla garanzia reale ipotecaria, a prescindere dal fatto che l’ipoteca sia stata prestata dal debitore o da terzi.

Più precisamente, secondo la Cassazione, l’espressione “prelazione sui beni del debitore” contenuta nella norma in esame (ossia l’art. 177 l.fall., nella formulazione anteriore alla riforma) andrebbe interpretata estensivamente, nel senso di ricomprendere sia i beni della società che quelli dei terzi, e, in particolare, quelli dei soci illimitatamente responsabili, con la conseguenza che l’ipoteca prestata da questi ultimi riguarderebbe, ad un tempo, il debito proprio e quello della società, sicché, come debito societario, dovrebbe essere soddisfatto integralmente.

L’interpretazione estensiva sarebbe giustificata - sempre seguendo il ragionamento della Cassazione - in considerazione della disparità di trattamento dei crediti ipotecari che verrebbe a crearsi tra le due procedure concorsuali (concordato preventivo e fallimento), qualora ai creditori della società ammessa al concordato preventivo fosse riconosciuto un trattamento, in termini di soddisfacimento del proprio credito, inferiore rispetto a quello riservato ai creditori della società fallita.

Sulla base delle premesse appena esposte, la Cassazione ha ritenuto di poter concludere nel senso che “essendo la garanzia ipotecaria comunque prestata per un debito della società per il quale tutti i soci sono coobbligati, ancorché il bene ipotecato sia di proprietà del solo socio che ha concesso l’ipoteca, il credito vada riconosciuto in sede concordataria con il privilegio ipotecario”.

Estraneità dei soci illimitatamente responsabili rispetto al concordato preventivo?

Sul punto, come affermato da autorevole dottrina, anche a volere interpretare la disposizione dell’art. 177 (nel testo previgente) nel senso che tutti i crediti privilegiati dovessero essere soddisfatti integralmente, inclusi i crediti la cui prelazione insiste su beni di terzi, non sembrerebbe comunque possibile affermare che l’iscrizione ipotecaria effettuata per un debito sociale sul patrimonio del singolo socio, che rimane estraneo al procedimento, si trasferisca automaticamente sul patrimonio della società, coinvolgendo, quindi, anche tutti gli altri soci al pagamento in via privilegiata di un debito societario.

D’altra parte, sul punto la Cassazione sembra riconoscere che una simile affermazione si ponga in contrasto con i principi concernenti l’estraneità dei soci illimitatamente responsabili (e del loro patrimonio) rispetto al concordato preventivo della società, tanto da vedersi costretta ad affermare che l’assunto, secondo il quale il concordato preventivo riguarda solo la società e non i soci illimitatamente responsabili “non può intendersi in senso assoluto, perché in ogni caso il concordato produce, salvo patto contrario, il medesimo effetto esdebitatorio anche nei confronti dei soci, i quali, quindi, anche se indirettamente, sono coinvolti dall’esito e dagli effetti del concordato, onde la distinzione riguardo alle eventuali garanzie prestate tra la situazione debitoria della società e quella dei singoli soci relativamente alla loro responsabilità illimitata appare priva di giustificazione”.

Anche tale ultima affermazione è apparsa non condivisibile, in quanto gli effetti esdebitatori del concordato preventivo non potrebbero comunque determinare l’unificazione dei patrimoni di soggetti distinti, come invece sembra ricavarsi dalla sentenza della S.C., e ciò anche in base ai principi generali sulla responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., dovendosi considerare al pari poco convincente il riferimento alla pretesa disparità di trattamento, che una soluzione diversa da quella prospettata dalle Sezioni Unite avrebbe potuto determinare tra le due procedure (ossia tra il concordato preventivo da una parte e il fallimento dall’altra), pur costituendo tale riferimento, per certi versi, il perno della decisione.

Dichiarazione di fallimento e concordato preventivo: diversità tra le due procedure concorsuali

Il criterio utilizzato dalle Sezioni Unite sembra, infatti, riecheggiare quanto era già stato affermato in passato, in merito all’individuazione dei limiti del concordato preventivo nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (anche con riferimento alla portata applicativa della disposizione dell’art. 147 l.fall.), avendo la giurisprudenza rilevato che “l’ordinamento non può non riservare ai soci di qualsiasi tipo di società una posizione sostanzialmente paritaria nell’ambito delle diverse procedure concorsuali”

Tuttavia, sulla scia di quanto ben chiarito dalla dottrina, simili affermazioni sembrano non tenere conto delle diversità tra le due procedure concorsuali, con il rischio di pervenire a “un appiattimento delle procedure concorsuali e delle loro diverse funzioni”. Si è, infatti, evidenziato che, mentre la dichiarazione di fallimento determina il concorso dei creditori su tutti i patrimoni destinati al soddisfacimento dei creditori sociali (sicché si sottopone il socio illimitatamente responsabile alla procedura), nel concordato preventivo non vi sarebbe tale esigenza (si discorre, infatti, non a caso di “spossessamento attenuato”), perché le finalità della procedura al fine di garantire il soddisfacimento dei creditori non sono necessariamente liquidatorie (ciò appare ancor più vero a seguito della previsione del concordato preventivo c.d. “con continuità aziendale”, ove la continuazione dell’attività d’impresa, a determinate condizioni, è considerata co- me lo strumento idoneo a contemperare le due esigenze connesse alla procedura, ossia il soddisfacimento dei creditori e la continuazione dell’impresa, per la conservazione del complesso aziendale, che risponde a interessi più ampi rispetto alla mera realizzazione del credito, anche se non dovrebbe andare a detrimento di quest’ultimo).

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite si riferisce alla disciplina anteriforma, benché nella motivazione della sentenza si faccia riferimento al nuovo testo dell’art. 177 l.fall., la cui formulazione, sempre secondo la sentenza, non osterebbe all’interpretazione secondo la quale alle garanzie reali prestate dai soci illimitatamente responsabili dovrebbe conseguire l’integrale soddisfacimento del credito nell’ambito del concordato della società, in quanto nel nuovo testo viene eliminato il riferimento alla “prelazione sui beni del debitore”.

Il credito assistito dalla prelazione non è soddisfatto integralmente

Le disposizioni oggetto della decisione, almeno per quanto riguarda l’art. 184 l.fall., non hanno subìto modifiche rilevanti con la riforma, mentre l’art. 177 l.fall. è stato modificato, in linea con il nuovo testo dell’art. 160 l.fall., nel senso che, com’è noto, il concordato preventivo può prevedere che i crediti assistiti dalla prelazione non siano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, con la conseguenza che, in tale ipotesi, i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede la soddisfazione non integrale sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito.

Convenienza della proposta concordataria

Sotto questo profilo, e con particolare riferimento alla disciplina vigente, vale ribadìre il fatto che la consistenza del patrimonio del debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo è sottoposta alla valutazione dei creditori in relazione alla convenienza della proposta concordataria. Tale valutazione riguarderà, quindi, anche la consistenza del patrimonio dei singoli soci, sicché i creditori potranno esprimere il voto negativo, se riterranno più conveniente la dichiarazione di fallimento, con l’estensione al patrimonio dei soci illimitatamente responsabili.

In questo senso, la valutazione della posizione dei soci illimitatamente responsabili, anche con riferimento alla garanzia prestata in favore della società, rimane in capo ai creditori, realizzandosi nell’espressione del voto, con la conseguenza che la società e i soci dovrebbero essere incentivati a prevedere la parità trattamento dei creditori, con soluzioni che prevedano un trattamento bilanciato dei creditori sociali e personali.

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