L’attuale emergenza pandemica ha accelerato notevolmente il processo di transizione verso nuovi modelli organizzativi delle attività lavorative, specie dei lavoratori dipendenti.
Il lavoro domiciliare forzato, la maggiore esigenza di conciliare i tempi di vita e di lavoro, l’interesse a ridurre gli spostamenti casa-lavoro, con i conseguenti impatti sull’utilizzo dei mezzi pubblici, hanno dato impulso ad un largo uso, spesso sperimentale, dello smart-working.
Come noto, tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, utilizzata pre-pandemia solo da pochissime imprese italiane, prevede che il raggiungimento degli obiettivi avvenga tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici e senza la previsione di vincoli di orario e di luogo.
La regolamentazione del lavoro agile è stata definita con la legge 22 maggio 2017, n. 81, che, in sei articoli, ne disciplinava le misure ed i limiti.
L’ampio test avvenuto nell’attuale stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, che ha favorito la strutturazione dello smart-working all’interno dei meccanismi di organizzazione del personale, ha condotto il Governo e le Parti sociali a sottoscrivere, in data 7 dicembre 2021, il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile con l’obiettivo di meglio definire l’utilizzo della prestazione lavorativa resa, ancorché parzialmente, in modalità a distanza e di garantire un maggior supporto ad imprese e lavoratori per la realizzazione degli accordi individuali.
Fermo restando le previsioni legislative e gli accordi collettivi in essere, le misure contenute nel predetto Protocollo costituiscono le linee guida per i futuri contratti collettivi nazionali o aziendali/territoriali.
Rispetto alle regole già varate nel 2017, dunque, non vi sono modifiche sostanziali, se non l’evidenza del ruolo di fonte privilegiata alla contrattazione collettiva che anticipa i prorompenti effetti già alla lettura dell’art. 2 del protocollo stesso, secondo cui l’accordo individuale di lavoro agile sottoscritto tra il datore di lavoro e il lavoratore si adegua ai contenuti della eventuale contrattazione collettiva di riferimento.
Si apre, dunque, una nuova stagione per imprese e parti sociali per definire: modalità organizzative, regole di disconnessione, utilizzo degli strumenti di lavoro e conseguente gestione dei costi, ulteriori misure per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, diritti sindacali, parità di trattamento, formazione e protezione dei dati personali.
Come anticipato, il Protocollo fissa le linee guida di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale, relativamente alla definizione delle modalità di svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
Fermo restando il rispetto dei principi previsti dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, l’adesione al lavoro agile, come già previsto, potrà avvenire esclusivamente su base volontaria e l’eventuale rifiuto del lavoratore non potrà costituire giusta causa o giustificato motivo di recesso, né potrà costituire motivo di apertura di procedimenti disciplinari.
Ai sensi dell’art. 19, l’accordo deve essere stipulato in forma scritta, ai fini della prova ed ai fini amministrativi, e deve disciplinare, almeno, i seguenti ambiti:
Secondo le nuove disposizioni contenute nell’art. 2 del Protocollo, l’accordo individuale dovrà adeguarsi ai contenuti della eventuale contrattazione collettiva di riferimento – la quale dovrà essere coerente con la disciplina legale e con il Protocollo stesso – e dovrà regolamentare:
Il citato art. 2 del Protocollo prevede, altresì, che in presenza di giustificato motivo, ciascuno dei contraenti, potrà recedere anticipatamente dall’accordo, se a tempo determinato, o senza preavviso, se a tempo indeterminato.
Sul punto, come già rilevato in dottrina antecedentemente alla sottoscrizione del Protocollo in trattazione, un buon accordo (individuale) per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile doveva, perlomeno, definire:
I predetti principi, stavolta, appaiono demandati alla contrattazione collettiva di categoria, ai sensi del successivo art. 3 del Protocollo, a mente del quale, la prestazione di lavoro in modalità agile può essere articolata in fasce orarie, individuando (…) la fascia di disconnessione.
Il medesimo art. 3, mette nero su bianco la possibilità di fruire dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge (es. permessi di cui all’art. 33, legge 5 febbraio 1992, n. 104) e subordina all’esplicita previsione dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, la possibilità di rendere prestazioni di lavoro straordinario.
Quanto all’individuazione dei luoghi di lavoro, l’art. 4, lascia libero il lavoratore dipendente di scegliere il luogo in cui rendere la prestazione, purché nel rispetto delle condizioni di sicurezza e riservatezza delle informazioni aziendali e delle esigenze di connessione con i sistemi aziendali. Viene demandata alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare luoghi inidonei allo svolgimento del lavoro in modalità agile per ragioni di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.
Di norma sarà il datore di lavoro a fornire al lavoratore, salvo diverso accordo, la strumentazione tecnologica per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile. Ove, invece, le parti concordino l’utilizzo di strumenti informatici propri del lavoratore dovranno essere stabiliti i criteri ed i requisiti di sicurezza da implementare e potranno essere concordate eventuali forme di indennizzo per le spese (v. Agenzia delle Entrate, interpello 30 aprile 2021, n. 314).
In caso di guasto, furto o smarrimento, delle apparecchiature tecnologiche utilizzate, il dipendente dovrà avvisare tempestivamente il proprio responsabile e, se del caso, attivare procedura aziendale per la gestione del data breach. Laddove venga accertato un comportamento negligente del lavoratore, quest’ultimo dovrà risponderne.
La strumentazione informatica dovrà essere conforme alle disposizioni del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per quanto concerne le prescrizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ai lavoratori agili si applicano gli obblighi relativi alle prestazioni rese al di fuori dei locali aziendali e, come già avvenuto anche per lo smart-working semplificato, dovrà essere consegnata un’informativa – da notificare anche al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale o territoriale – contenente le fondamentali istruzioni per la tutela della salute e sicurezza. L’informativa dovrà descrivere i rischi generali e specifici connessi alla prestazione resa da remoto.
Lo svolgimento della prestazione in modalità agile non modifica i diritti e le libertà sindacali individuali e collettive definite dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Parimenti, allo smart-worker verrà assicurato il medesimo trattamento economico e normativo complessivamente applicato agli altri lavoratori, anche con riferimento ad eventuali premi di risultato, opportunità di percorsi di carriera, partecipazione ad iniziative formative e/o di specializzazione, nonché le medesime forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità.
QUADRO NORMATIVO Ministero del Lavoro, Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021 |
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