A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 80 del 15 giugno 2015, dal giorno 25 giugno 2015 sono entrate in vigore le nuove regole sulla maternità e paternità, molte delle quali sono però, per il momento, valide per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nel medesimo anno.
Per i prossimi anni, l’eventuale riconoscimento dei benefici è condizionato all’entrata in vigore di decreti legislativi che individuino adeguata copertura finanziaria.
Si analizzano di seguito le principali novità.
Sono sperimentali, solo per il 2015, le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13 14 15 e 16 di cui al D.Lgs. n. 80/2015.
Le altre disposizioni del medesimo decreto sono, invece, strutturali e, precisamente, quelle di cui agli articoli 4, 6, 11, 12, 17, 18, 19, 20, 21 e 22.
La prima grande novità è la possibilità per le donne in congedo di maternità di sospenderne la fruizione in caso di ricovero del neonato e di godere del periodo residuo dalla data di dimissione del bambino.
Tale diritto può, però, essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.
La sospensione in questione spetta anche alla madre adottiva ed affidataria (art. 4).
Il congedo di paternità ex art. 28, D.Lgs. n. 151/2001, e l’indennità di paternità ex art. 66 del medesimo decreto legislativo spettano, adesso, rispettivamente:
al padre lavoratore dipendente anche quando la madre sia lavoratrice autonoma;
al padre lavoratore autonomo;
per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
In caso di adozione internazionale, il padre, per il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva, può fruire di congedo non retribuito anche qualora la madre non sia lavoratrice.
Di notevole impatto sono le modifiche al congedo parentale che, però, sono tutte sperimentali.
Innanzitutto il congedo parentale può essere fruito nei primi 12 anni di vita del bambino (prima erano 8) fermo restando la durata (massimo 6 mesi per la madre, 7 mesi per il padre, 10 al genitore solo e 11 in totale tra padre e madre).
Il diritto al trattamento economico, pari al 30% della retribuzione, rimane fissato per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi che, però, adesso può essere fruito fino al sesto anno di vita del bambino (invece che fino al terzo anno di vita del bambino).
Per i periodi di congedo parentale ulteriori, spetta, fino all’ottavo anno di vita del bambino (prima fino al terzo anno) un’indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'AGO.
Inoltre, per quest’anno, il congedo parentale può anche essere fruito ad ore nonostante la mancanza di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, anche aziendale, in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero; nel caso di specie è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al D.Lgs. n. 151/2001, per cui, a titolo esemplificativo, non si potrà godere di mezza giornata di congedo parentale e del riposo giornaliero c.d. per allattamento.
Cambiano anche i termini per il preavviso e, infatti, il genitore, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni, indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo.
In caso di congedo parentale su base oraria, il termine di preavviso è pari a 2 giorni.
Per ogni minore con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino (e non più dell'ottavo anno di vita del bambino), al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, purché il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.
Per l’adozione e l’affidamento, il congedo parentale può essere fruito entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia (prima era entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia) e, comunque, non oltre il raggiungimento della maggiore età.
In quest’ultimo caso, l’indennità pari al 30% della retribuzione è sempre dovuta, per il periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia (e non già nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia).
Una piccola novità è, inoltre, definitivamente introdotta nel nostro ordinamento per l’adozione e l’affidamento, e consiste nel non obbligo di prestare lavoro notturno per la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, per il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.
L’art. 12 del D.Lgs. n. 80/2015 è un mero chiarimento e per questo è strutturale la modifica apportata al Testo Unico sulla maternità e paternità: in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento, inoltre, i genitori che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso.
Le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata hanno diritto a fruire, in caso di adozione, del congedo di maternità per 5 mesi successivi all’ingresso del minore in famiglia, così come già stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 257/2012.
Inoltre, i lavoratori e le lavoratrici iscritti alla Gestione separata, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento alla Gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.
Viene istituito il diritto all’indennità di paternità per il padre lavoratore autonomo per il periodo in cui sarebbe spettata l’indennità di maternità alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Per di più, in caso di adozione ed affidamento, la madre libera professionista ha diritto all’indennità di maternità per 5 mesi per l’adozione e 3 mesi per l’affidamento.
Anche per i liberi professionisti viene istituito il diritto del padre a fruire del congedo di paternità nel caso in cui entrambi i genitori siano liberi professionisti, per il periodo che sarebbe spettato alla madre, in caso di morte, grave infermità della madre, abbandono da parte della stessa, affidamento esclusivo del bambino al padre.
Inoltre, in caso di adozione o affidamento, la lavoratrice libera professionista ha diritto all’indennità di maternità per 5 mesi per l’adozione e 3 mesi per l’affidamento.
Quadro delle norme |
D.Lgs. n. 151/2001 D.Lgs. n. 80/2015 Corte Costituzionale, sentenza n. 257/2012 |
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