I contratti c.d. stagionali sono contratti a tempo determinato utilizzati in settori produttivi caratterizzati da picchi di lavoro ed individuati dalla normativa di riferimento o dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Le disciplina normativa, contenuta nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, consente molteplici deroghe rispetto all’ordinaria gestione dei rapporti di lavoro e, specificatamente, in termini di durata massima consentita, di causali e correlata incidenza su proroghe e rinnovi, di limiti numerici ed anche sulle regole del c.d. Stop and go.
I contratti a termine sottoscritti nell’ambito di attività stagionali possono essere caratterizzati – sotto il profilo degli oneri previdenziali – dalla mancata applicazione dell’aliquota contributiva utile al finanziamento della NASpI (+ 1,40%) e dell’aumento di quest’ultima per ulteriori 0,5 punti percentuali ogniqualvolta vi sia un rinnovo del contratto precedentemente stipulato. Tale deroga, però, vale esclusivamente per i lavoratori assunti per le attività stagionali contenute nel D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, e per alcuni specifici contratti collettivi.
Fino all’adozione di un apposito decreto ministeriale con il quale verranno individuate le attività stagionali, così come previsto dall’art. 21, comma 2, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, le attività aventi la peculiare caratteristica di stagionalità sono state individuate nell’allegato al Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, emanato in attuazione dell’art. 1, comma 6, legge 18 aprile 1962, n. 230.
In tale elenco, oltre ad essere individuati specifici settori, viene riconosciuta la possibilità di attribuire carattere di stagionalità alle attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate da aziende turistiche che abbiamo, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi. Nel concreto, il predetto limite temporale deve intendersi come periodo di inattività rispetto alla c.d. apertura al pubblico, sicché ben potranno sussistere lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato con prestazione di lavoro ricadente in periodi di chiusura al pubblico. La possibilità, infatti, di svolgere, comunque, attività preparatoria o programmatoria, non inficia la connotazione stagionale delle predette attività (INL – nota 10 marzo 2021, n. 413).
Le integrazioni all’elenco previsto dal citato D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, sono state affidate alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale, stipulata con le OO.SS. di cui all’art. 51, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Diversi CCNL (ad esempio, il CCNL del settore chimica industria, il CCNL Commercio/Terziario, il CCNL Pubblici esercizi, etc.) hanno, rispetto alla rigidità posta dall’individuazione legale delle attività stagionali caratterizzate da un esercizio esclusivo in determinati periodi dell’anno, definito attività stagionale anche quelle lavorazioni ed attività produttive caratterizzate da incrementi periodici tipici del settore di appartenenza.
Le deroghe all’ordinaria disciplina prevista per i contratti a tempo determinato che caratterizzano i rapporti di lavoro stagionale sono previste negli artt. 19 e ss. del Testo Unico dei contratti di lavoro.
In particolare, i contratti di lavoro stagionale, diversamente dai canonici rapporti a termine, consentono di:
Ai sensi dell’art. 24, invece, il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali vanta un diritto di precedenza rispetto alle nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro e per le medesime attività stagionali. Il diritto di precedenza, che deve essere esplicitamente richiamato nel contratto di lavoro, può essere esercitato dal lavoratore per iscritto entro tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il diritto vantato si estingue decorso un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Come ribadito nella citata nota dell’INL 10 marzo 2021, n. 413, le ipotesi previste dalla contrattazione collettiva ex art. 51, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, si affiancano ed integrano le disposizioni legali previste dal D.P.R. n. 1525/1963, talché – come spesso accade – il legislatore ha inteso affidare alla contrattazione collettiva dotata della maggiore rappresentatività comparata la possibilità di individuare ulteriori ipotesi di stagionalità che possano beneficiare delle deroghe ai limiti di cui all’art. 19, comma 2, 21, commi 01 e 2, 23, comma 2, del Testo Unico dei contratti di lavoro.
Come noto, l’art. 2, comma 28, legge 28 giugno 2012, n. 92, prevede che per i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato sia dovuto un contributo addizionale, a carico dei datori di lavoro, pari all’1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali e che tale contributo venga aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato.
Il successivo comma 29, esclude dall’obbligo di versamento del contributo addizionale NASpI sopracitato i lavoratori stagionali e, in particolare:
Quanto alle attività stagionali individuate dalla contrattazione collettiva, dunque, l’esonero dal versamento del contributo in commento, non avendo trovato apposita proroga legislativa, comporta l’applicazione della maggiorazione del contributo NASpI a decorrere dal 1° gennaio 2016, laddove la predetta attività non sia ricompresa tra quelle del richiamato D.P.R. n. 1525/1963.
A seguito delle modifiche operate dall’art. 1, comma 13, lett. a), legge 27 dicembre 2019, n. 160, al comma 28 della Legge Fornero, le disposizioni in materia di contributo addizionale non si applicano anche alle ipotesi contemplate dal comma 29. Tale modifica legislativa, incide, dunque, direttamente sulla fattispecie di esclusione prevista dalla lettera b), comma 29, legge n. 92/2012, sicché ai contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020 per lo svolgimento di attività stagionali definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 non si applica il contributo addizionale NASpI né, conseguentemente, l’incremento previsto e correlato a ciascun rinnovo.
Vieppiù, successivamente all’emanazione della circolare INPS 4 agosto 2020, n. 91, è stato, altresì, specificato che la modifica cristallizza le attività stagionali che danno luogo alla non applicazione del contributo aggiuntivo in argomento nei contratti collettivi ed avvisi comuni stipulati entro il 31 dicembre 2011, sicché – ai soli fini della determinazione dell’ambito di applicazione dell’esclusione del versamento del contributo NASpI – l’esonero dal versamento della predetta contribuzione utile al finanziamento dell’indennità di disoccupazione trova applicazione anche laddove le attività stagionali siano state individuate in forza di contratti collettivi, tra le stesse parti ed il medesimo settore, anche successivi al 31 dicembre 2011, qualora detti rinnovi contengano – tempo per tempo senza soluzione di continuità – espresso riferimento a quelle attività stagionali individuate dai CCNL stipulati entro il 31 dicembre 2011, ossia senza modificare le attività produttive definite stagionali.
Sostanzialmente, dunque, ai fini dell’esonero dal versamento del contributo in trattazione, laddove l’ipotesi di attività stagionale sia stata prevista dal CCNL applicato in azienda, sarà necessario verificare se le parti sociali hanno previsto, nel CCNL vigente al 31 dicembre 2011 ed in tutti gli eventuali rinnovi successivi, le medesime attività stagionali, potendosi intendere applicabile la predetta deroga all’ordinario regime solo per le specifiche attività individuate entro la data spartiacque sopra citata e non anche per le eventuali attività individuate successivamente.
In considerazione di quanto sopra, risulterà determinante compilare correttamente la denuncia contributiva con riferimento al campo qualifica3, utilizzando;
Naturalmente, il contributo addizionale pari all’1,40% e, conseguente, l’incremento legato ai rinnovi contrattuali, seguirà esclusivamente il predetto codice “S”.
QUADRO NORMATIVO Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525; |
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