Lavoratori fragili: smart working se le mansioni sono compatibili

Pubblicato il 08 gennaio 2024

Il diritto emergenziale allo smart working per i lavoratori fragili non è un diritto assoluto, ma è subordinato alla compatibilità della modalità agile con le caratteristiche della prestazione.

A tal fine il controllo in sede giurisdizionale non viola il principio, costituzionalmente tutelato, della libertà di impresa se condotto allo scopo di verificare se, considerata una determinata situazione di fatto e in relazione alle caratteristiche delle mansioni ed alla situazione organizzativa e lavoratori, le decisioni aziendali non abbiano leso il principio della buona fede.

È quanto ha statuito il Tribunale di Trieste, sezione Lavoro, con ordinanza del 21 dicembre 2023.

L’ordinanza ha sicuramente il pregio di ben delineare il confine del potere del datore di lavoro di autodeterminarsi nell’organizzazione della propria impresa. Potere che, nella legislazione emergenziale (ancora vigente) dello smart working, incontra il limite della compatibilità della mansione, che giustifica la liceità di un controllo giurisdizionale super partes

Restano però insolute antiche questioni sul ruolo del lavoro agile dopo la pandemia e sulla necessità di definire nuovi modelli organizzativi di lavoro a distanza, in grado di superare i vecchi paradigmi della subordinazione.

Ma torniamo all'ordinanza del 21 dicembre 2023, la cui analisi restituisce interessanti spunti di riflessione sul quadro normativo vigente e sulle tutele attivabili dai lavoratori fragili che, in considerazione della propria fragilità, chiedono di svolgere l’attività lavorativa da remoto, interamente o in modalità ibrida.

Lavoratrice fragile e diritto allo smart working

Il caso prospettato in giudizio è quello di una lavoratrice fragile che, in vigenza delle tutele emergenziali accordate dal legislatore, chiede di esercitare il diritto a svolgere l’attività lavorativa interamente in smart working stante l'asserita compatibilità delle mansioni assegnate con l’esecuzione in modalità agile.

La lavoratrice ricorre al Giudice del lavoro di Trieste dichiarando di essere stata assunta dalla società datrice di lavoro convenuta in giudizio a seguito di una cessione di ramo d’azienda e di svolgere mansioni di impiegata di 3° livello - 3a Area Professionale del CCNL Credito.

La lavoratrice espone nel ricorso di essere affetta da oltre 10 anni da artrite reumatoide e, per tale patologia, di essere stata riconosciuta invalida al 50%.

In forza di un accordo individuale stipulato con la datrice di lavoro, la dipendente dichiara di aver svolto, negli ultimi 3 anni, la propria attività lavorativa in modalità di lavoro agile per 5 giorni alla settimana e che successivamente, per diverse esigenze aziendali ed organizzative, l’azienda le ha comunicato la modifica delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, richiedendole lo svolgimento del lavoro esclusivamente in presenza, presso la sede.

Modifica alla quale la lavoratrice si è opposta per incompatibilità del suo stato di salute con il lavoro in presenza.

Il datore di lavoro, irremovibile in prima battuta, all’esito di specifica prescrizione da parte del Dipartimento di Prevenzione e Sicurezza in sede di sorveglianza sanitaria, ha accordato alla dipendente lo svolgimento in smart working per due giorni alla settimana.

Soluzione rifiutata dalla lavoratrice, che propone ricorso avverso la decisione aziendale lamentando l’illegittimità della condotta datoriale per violazione dell’art.2087 c.c. e sulla scorta della perfetta compatibilità delle mansioni assegnate con il lavoro in smart working.

Mansioni che richiedono il lavoro in presenza

La società datrice di lavoro si costituisce in giudizio rilevando che:

Nel corso del 2023 il numero delle domande di concessione dei finanziamenti è però cresciuto in modo esponenziale risultando impossibile per i colleghi in ufficio continuare a sostituire la lavoratrice negli adempimenti materiali di preparazione, fascicolazione, controllo e archiviazione della documentazione necessaria all’istruzione delle pratiche.

Di qui la richiesta della società datrice di lavoro alla lavoratrice di rientrare in sede.

Rileva peraltro la convenuta l’inammissibilità del ricorso per asserita violazione della libertà di organizzazione dell’impresa, tutelata dall’articolo 41 della Costituzione, per il quale l’imprenditore ha il potere di decidere la propria organizzazione aziendale per il buon funzionamento dell’impresa, senza possibilità da parte dell’autorità giudiziaria di sindacare tali scelte, se poste in essere nel rispetto del quadro di riferimento.

Diritto allo smart working se compatibile con le caratteristiche della prestazione

Il Giudice del Lavoro, con ordinanza del 21 dicembre 2023, ricorda il quadro regolatorio applicabile alla fattispecie.

In un contesto normativo in cui la modalità di lavoro agile non costituisce un diritto del lavoratore essendo rimessa alla libera contrattazione delle parti (articolo 18, legge 22 maggio 2017, n. 81), la norma emergenziale (il riferimento è all’articolo 90 del decreto Rilancio) ha sancito il diritto al lavoro agile dei dipendenti in condizioni di fragilità se la prestazione lavorativa è compatibile con le mansioni assegnate.

La norma emergenziale è stata via via prorogata (da ultimo, ricorda il Giudice del lavoro, al 31 dicembre 2023 dall’articolo 42, comma 3-bis del decreto lavoro (ma sul punto è il caso di ricordare che è intervenuto l’articolo 18 bis del decreto anticipi che ha ulteriormente prorogato il termine per il settore privato al 31 marzo 2024).

Il diritto richiamato dalla lavoratrice fragile è pertanto ancora vigente, ma non assoluto in quanto il legislatore emergenziale lo subordina alla compatibilità con le caratteristiche della prestazione.

Il potere del datore di lavoro di organizzare liberamente la propria impresa incontra il seguente limite: “il lavoratore fragile deve essere destinato a lavoro agile, sempre che le modalità di lavoro della mansione di pertinenza siano compatibili con tale forma di prestazione della propria attività”.

Sotto tale profilo, evidenzia il Giudice del lavoro, il controllo giurisdizionale “è tutt’altro che inammissibile, anzi si rivela pregnante” essendo il potere del datore di lavoro soggetto a verifica sotto il profilo del ricorrere della buona fede nell’esecuzione del contratto, come generale obbligo di solidarietà.

Al Giudice adito spetta legittimamente verificare se, allegata una determinata situazione di fatto in relazione alle caratteristiche delle mansioni ed alla situazione organizzativa e lavorativa dedotta, le determinazioni aziendali siano state rispettose del principio della buona fede.

Ed è proprio sulla scorta di tale verifica condotta in sede giudiziale, valutate la concretezza e la congruità delle ragioni organizzative e produttive addotte dalla società datrice di lavoro, che il Giudice del lavoro con l'ordinanza del 21 dicembre 2023 ha ritenuto infondato e rigettato il ricorso della lavoratrice fragile.

Smart working per i fragili nel settore pubblico

Da ultimo vale la pena accennare che la proroga al 31 marzo 2024 del termine previsto per il diritto allo smart working per i lavoratori dipendenti privati fragili maggiormente esposti a rischio. ad opera del decreto anticipi (peraltro messa in discussione dagli stessi atti parlamentari) si applica solo al settore privato.

Per i lavoratori fragili del pubblico è operativa una direttiva sul lavoro agile del 29 dicembre 2023 con la quale il Ministro per la pubblica amministrazione, ha raccomandato alla dirigenza un utilizzo del lavoro agile orientato alla salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute, con l’adozione delle misure organizzative necessarie, attraverso specifiche previsioni nell’ambito degli accordi individuali.

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