Lavoratori delle piattaforme digitali: c'è l'accordo tra Consiglio e Parlamento europeo

Pubblicato il 14 dicembre 2023

Traguardo storico per oltre trenta milioni di lavoratori delle piattaforme digitali: il Consiglio e il Parlamento europeo hanno infatti raggiunto un accordo sulla proposta di direttiva del 9 dicembre 2021 volta a migliorare le condizioni di tali lavoratori ed estendere loro le tutele previste per i lavoratori subordinati.

Se l'accordo raggiunto il 13 dicembre 2023 venisse confermato da entrambe le istituzioni, per poi essere oggetto della procedura di adozione formale, milioni di rider avranno quindi accesso ai diritti fino ad ora mancanti.

Vediamo di che si tratta.

Cosa cambia

La proposta, presentata il 9 dicembre 2021 dal commissario europeo agli affari sociali e disponibile sul sito ufficiale solo in lingua inglese, come detto è rivolta a circa trenta milioni di lavoratori che svolgono la propria attività per oltre cinquecento piattaforme digitali come liberi professionisti quando, in realtà, ci sarebbero tutte le condizioni perché fossero considerati lavoratori dipendenti.

La Commissione UE ha preso spunto dal modello presente in Spagna e da diverse sentenze emesse da diversi tribunali europei quali, ad esempio, quella del tribunale di Milano n. 1018 del 20 aprile 2022 oggetto del precedente articolo “Riconoscimento di lavoro subordinato, il caso dei rider”; in Italia, dopo altre sentenze di merito, la legge n. 128/2019 ha quindi riconosciuto tutte le tutele del rapporto di lavoro dipendente qualificando il rapporto di lavoro dei rider come collaborazioni etero-organizzate.

Con l’accordo raggiunto il 13 dicembre 2023 si presume legalmente che i lavoratori siano dipendenti di una piattaforma digitale (e non lavoratori autonomi) se il relativo rapporto di lavoro soddisfi almeno due dei cinque seguenti indicatori:

La presunzione potrà essere attivata di propria iniziativa dal lavoratore, dai suoi rappresentanti o dalle autorità competenti e potrà essere confutata se la piattaforma dimostri che la relazione contrattuale non è un rapporto di occupazione a pieno titolo.

Accesso agli algoritmi

Anche il tema della trasparenza delle piattaforme è stato negli anni oggetto di varie pronunce di merito per la centrale importanza che riveste nella dinamica lavorativa dei rider; tra tutte, si segnala il decreto del 5 agosto 2023 del tribunale di Torino, che ha per questo motivo condannato un gigante del food delivery, oggetto dell’articolo “Rider, obbligo di trasparenza delle piattaforme di reclutamento”.

Anche su questo punto nodale, quindi, la proposta di direttiva interviene stabilendo che lavoratori dovranno essere informati in merito all'uso dei sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati e vietando alle piattaforme di lavoro digitali di trattare determinati tipi di dati personali per mezzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

Tali dati comprendono:

Le prossime tappe

Come detto, si tratta di un accordo provvisorio che deve essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento per poi essere adottato formalmente dalle due istituzioni; una volta completate le fasi formali dell'adozione, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le disposizioni della direttiva nella legislazione nazionale.

Qualche considerazione

L'economia delle piattaforme digitali è una realtà in continuo sviluppo, con crescita esponenziale di fatturato e con un numero di lavoratori che si pensa dovrebbe raggiungere i quarantatré milioni entro il 2025.

Ma quanta di questa crescita di fatturato è avvenuta sulla pelle dei rider?

Si stima infatti che, per i contributi previdenziali e gli altri oneri che comporta il riconoscimento del lavoro subordinato, la direttiva aumenterà i costi per le piattaforme di circa quattro miliardi e mezzo di euro annui: le grandi multinazionali saranno in grado di mantenere ed accrescere il fatturato o faranno tagli nel personale dopo aver messo sul piatto della bilancia costi e benefici che un gran numero di lavoratori dipendenti comporta?

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