La scelta del CCNL applicabile ai lavoratori: “libertà condizionata” per i datori di lavoro

Pubblicato il 14 settembre 2023

A dar conferma della libertà di scelta del datore di lavoro rispetto alla decisione di adottare una data regolamentazione collettiva è stato, da ultimo, il TAR Lombardia, che, con la sentenza pubblicata lo scorso 4 settembre 2023, n. 2046 è intervenuto – seppur per vie traverse – affermando che il CCNL da applicare ai propri dipendenti rientra tra le scelte discrezionali del datore di lavoro.

La facoltà di scelta del contratto collettivo da applicare ai rapporti di lavoro ricade, dunque, tra le insindacabili decisioni del datore di lavoro, giacché nell’attuale panorama giuslavoristico vi sono sistemi, meccanismi e tecniche legislative che, da un lato, cercano di tutelare da azioni di dumping sociale e salariale i lavoratori del comparto, dall’altro, incidono fortemente sul potere decisionale datoriale e sull’intero sistema delle relazioni industriali.

La scelta di applicare un dato contratto collettivo comporta notevoli implicazioni in termini di trattamenti economici e normativi minimi che devono essere assicurati ai lavoratori dipendenti e incide significativame, tra l'altro, in termini di regolamentazione dei sistemi di flessibilità interna adottabili dall’organizzazione, di utilizzabilità dei contratti c.d. atipici, di determinazione dei contributi dovuti agli enti di previdenza ed assistenza, ivi inclusa l’applicazione di agevolazioni contributive, di individuazione della c.d. giusta retribuzione.

Giova sin d’ora rammentare che i contratti collettivi, laddove applicati per vincolo di mandato ovvero per richiamo implicito o esplicito nel corso del rapporto di lavoro, agiscono, insieme alla legge, come fonte eteronoma rispetto ad un contratto di tipo civilistico e sono idonei a fissare, generalmente, la soglia minima dei trattamenti applicabili al rapporto stesso, sicché, ai sensi dell’art. 2077, Codice Civile, eventuali clausole difformi e più sfavorevoli per il lavoratore vengono sostituite di diritto in luogo di quelle pattuite nel contratto individuale.

Individuazione del contratto collettivo

Senza volersi addentrare nel tema della mancata attuazione dei commi successivi al primo dell’art. 39, della Carta Costituzionale, il c.d. contratto collettivo di diritto comune si applica a tutti i lavoratori ed ai datori di lavoro iscritti alle organizzazioni firmatarie o che lo hanno recepito implicitamente o esplicitamente attraverso, rispettivamente, la concreta applicazione costante ed uniforme delle principali regole di quel dato accordo negoziale ovvero il semplice richiamo all’interno della lettera di assunzione.

Come da costante giurisprudenza ai contratti collettivi di diritto comune, quali accordi volti a rappresentare la maggioranza dei lavoratori di un determinato settore produttivo, è affidato il compito di ricercare un equo trattamento normativo ed economico e la funzione sociale di realizzare una disciplina uniforme dei rapporti individuali di lavoro di una determinata categoria.

Tendenzialmente è possibile affermare che il datore di lavoro può scegliere qualsiasi contratto collettivo anche laddove questo sia totalmente incoerente con l’attività imprenditoriale esercitata in quanto non vi è oggi – con la sola eccezione delle cooperative – una norma che individui l’ambito di applicazione di un dato accordo negoziale di derivazione collettiva o idonea a limitare la scelta datoriale.

Si noti, però, che l’eventuale applicazione di un contratto collettivo palesemente difforme rispetto all’attività esercitata può portare concreti e diretti effetti sulla regolamentazione dei singoli rapporti di lavoro, in primis per quanto attiene le modalità organizzative dell’attività lavorativa stessa o l’inquadramento del personale dipendente.  

NOTA BENE: Per quanto attiene il settore delle cooperative, ai sensi dell’art. 7, comma 4, decreto legge n. 248/2007, convertito, con modificazioni dalla legge n. 31/2008, fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori (…) trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.

 Alla libera scelta del datore di lavoro corrisponde l’impossibilità per il lavoratore di pretendere l’applicazione di un diverso contratto, anche laddove questo abbia un ambito di applicazione diverso rispetto all’attività effettivamente esercitata. Si badi bene che, in tale ipotesi, non sarà possibile ricorrere all’art. 2070, comma 1, cod. civile, secondo cui l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore, in quanto tale articolo non trova effetto rispetto ai c.d. contratti collettivi di diritto comune per inconciliabilità rispetto alla natura privatistica di questi.

ATTENZIONE: In applicazione del principio di libertà sindacale non è possibile applicare erga omnes un contratto collettivo di diritto privato a persone che non vi abbiano aderito, direttamente o indirettamente, e che vi sarebbero assoggettate in base a definizioni o delimitazioni autoritative delle categorie professionali. Ad oggi non vi è alcuna norma che impone nella categoria professionale quello strumento coattivo di organizzazione dei datori e dei prestatori di lavoro.

Tuttavia, il richiamato art. 2070, codice civile, è stato ritenuto più volte necessario dalla giurisprudenza sul decidendum di controversie inerenti all’applicazione di norme di legge, come – a titolo esemplificativo – la ricerca del giudicante della c.d. giusta retribuzione.

Dunque, un primo aspetto da tenere a mente prima di aderire, implicitamente o esplicitamente, ad un determinato contratto collettivo, è il riconoscimento del trattamento economico riservato ai lavoratori dipendenti, quale compenso che deve essere necessariamente proporzionato alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato in conformità con il precetto costituzionale di cui all’art. 36.

Anche se, come nel caso del CCNL Vigilanza Privata – Sez. Servizi Fiduciari più volte censurato dalla giurisprudenza di merito nonostante sia stato sottoscritto da OO.SS. dotate di ogni crisma di rappresentatività, nulla vieta al giudice di verificare la conformità della retribuzione corrisposta rispetto ai parametri del richiamato art. 36.

Gli istituti demandati alla contrattazione collettiva

Andando oltre la prospettiva del mero trattamento economico riconosciuto ai lavoratori dipendenti, la scelta del contratto collettivo può avere rilevanti ricadute in termini di gestione del personale e opportunità, sia essa collegabile a meri risparmi economici/contributivi o soluzioni di efficienza e produttività, per l’impresa.

In particolare, considerando gli oltre 1.000 CCNL oggi depositati presso il CNEL, di cui circa 1/5 sottoscritto da OO.SS. presuntivamente dotate della maggiore rappresentatività comparata ed applicati a circa il 97% dei lavoratori, il legislatore ha tentato di arginare la deriva della proliferazione dei contratti collettivi demandando integralmente la regolamentazione di alcuni istituti esclusivamente alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ci si riferisce, infatti, ad oltre 30 rinvii normativi tra cui le deroghe in materia di contratti di lavoro ex decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, le procedure di certificazione dei contratti, l’adozione dell’istituto delle ferie solidali, la stipula di accordi per l’installazione di impianti di videosorveglianza o di altri strumenti dal quale possa derivare il controllo a distanza dei lavoratori, la stipula di contratti di prossimità.

ATTENZIONE: La regolamentazione di alcuni istituti in deroga alle disposizioni di legge, espressamente delegati dal legislatore alle parti sociali c.d. qualificate, id est “organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, diventa indisponibile per le parti sociali c.d. minori, quali soggetti a cui non sono garantite le prerogative affidate dalla legge, con conseguente nullità delle clausole eventualmente pattuite che – conseguentemente – non produrranno alcun effetto. Si rammenta che il concetto di OO.SS. comparativamente più rappresentative presuppone una selezione delle associazioni sindacali sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse. Spesso non è sufficiente che la parte sindacale venga ricondotta alle OO.SS maggiormente rappresentative, in quanto tale nozione è massimamente più inclusiva della precedente e non attua alcuna comparazione. In quest’ultimo caso si tratta, allora, di un mero riconoscimento di una forza rappresentativa.

Pertanto, a mero titolo esemplificativo, deve intendersi riservata alle OO.SS. dotate dalla maggiore rappresentatività comparata la possibilità di regolamentare i seguenti istituti:

Norma

Art.

Istituto

Decreto Legislativo n. 81/2015

2

Casi di eccezione rispetto alla riconduzione delle tutele dei lavoratori subordinati alle collaborazioni coordinate e continuative

3

Ulteriori ipotesi di assegnazioni a mansioni riconducibili al livello di inquadramento inferiore (art. 2103, Cod. Civile)

6

Ricorso a clausole elastiche nei rapporti di lavoro a tempo parziale

13

Ulteriori ipotesi oggettive di ricorso al lavoro intermittente

19

Causali e limiti alla durata massima dei contratti a tempo determinato

21

Individuazione delle attività stagionali

23

Numero complessivo di contratti a termine

42 e ss.

Disciplina del contratto di apprendistato

Decreto legislativo n. 66/2003

3

Definizione di una durata inferiore rispetto al normale orario di lavoro pari a 40 ore settimanali ovvero poter riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni in un periodo non superiore all’anno (c.d. multiperiodale)

4

Determinazione del limite massimo di durata della prestazione lavorativa elevando il periodo di riferimento a 6 o 12 mesi

5

Regolamentazione delle modalità di esecuzione del lavoro straordinario e determinazione delle compensazioni/maggiorazioni. Istituzione della c.d. banca delle ore.

8

Disciplina delle pause, ivi comprese quelle per la consumazione del pasto, e degli intervalli di tempo per il recupero delle energie psicofisiche

9

Modalità di fruizione dei riposi settimanali

10

Determinazione del periodo di ferie annue

13

Stabilire i requisiti dei lavoratori per lo svolgimento di lavoro notturno e il limite di ore giornaliere.

Decreto legislativo n. 151/2015

24

Possibilità di disciplinare la cessione di riposi e ferie

Decreto Legge n. 138/2011

8

Stipula dei contratti di prossimità

Decreto legislativo n. 276/2003

2

Possibilità di costituire enti bilaterali che possono certificare contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva

Retribuzione imponibile e accesso alle agevolazioni contributive

Senza pretesa di esaustività, nella scelta del contratto collettivo vi sono almeno due ulteriori aspetti che andrebbero valutati e che – in maniera critica – disincentivano ex ante l’utilizzo di CCNL non dotati presuntivamente della maggiore rappresentatività comparata con conseguente effetto monopolizzante del sistema delle relazioni industriali. Ciò ponendo comunque in evidenza che non tutti i contratti collettivi sottoscritti da OO.SS. c.d. minori possono tradursi in azioni di becera pirateria, non sviluppando forme di dumping sociale e salariale.

Quanto al primo aspetto, ai sensi dell’art. 1, comma 1, decreto legge n. 338/1989, convertito, con modificazioni nella legge n. 389/1989 – interpretato autenticamente ad opera dell’art. 2, comma 25, legge n. 549/1995 – nelle ipotesi di pluralità di contratti collettivi per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative della categorie.

ATTENZIONE: Sul piano applicativo, seppur vi sia una libertà di scelta del CCNL applicabile, gli istituti previdenziali ed assicurativi sono autorizzati ad assoggettare a contribuzione una diversa retribuzione la cui fonte non deriva dal contratto di lavoro individuale stipulato dai contraenti ma dalle retribuzioni minime previste dal contratto collettivo c.d. leader.

Quanto al secondo aspetto, l’art. 1, comma 1175, legge n. 296/2006, subordina l’accesso ai benefici normativi e contributivi previsti dalle norme in materia di lavoro e legislazione sociale al possesso, da parte dei datori di lavoro, del DURC, fermo restando il rispetto degli altri obblighi di legge e il rispetto degli accordi o contratti collettivi nazionali nonché quelli regionali, territoriali o aziendali – ove esistenti – sottoscritti dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

ATTENZIONE: Per quanto concerne la fruizione delle agevolazioni contributive, come da ultimo specificato nella circolare INL n. 2/2020, il termine rispetto deve essere inteso nel senso che rileva il riscontro dell’osservanza da parte del datore di lavoro dei contenuti, normativi e retributivi, dei contratti stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In tal senso nella comparazione tra due CCNL avremo:

Si rammenta che il recupero dei benefici normativi e contributivi, nelle ipotesi di mancato rispetto dei contratti sottoscritti dalle OO.SS. dotate della maggiore rappresentatività comparata, verterà esclusivamente nei confronti dei lavoratori interessati dalla violazione e per il solo periodo di mancata applicazione delle regole del CCNL leader.

QUADRO NORMATIVO

TAR Lombardia - Sentenza 4 settembre 2023, n. 2046

INL - Circolare 28 luglio 2020, n. 2

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