La riservatezza dello scudo fiscale cede il passo alla normativa antiriciclaggio

Pubblicato il 07 dicembre 2009

L’anonimato imposto dalle regole sullo scudo fiscale e che riguarda non solo le somme indicate nella dichiarazione riservata, ma anche i redditi di capitale e le plusvalenze derivanti dal denaro e dalle attività finanziarie rimpatriate, si vanifica di fronte alla normativa antiriciclaggio. Chi aderisce allo scudo fiscale, infatti, viene sottoposto ad una adeguata verifica da parte dell’intermediario o del professionista cui si rivolge per rimpatriare le somme irregolarmente detenute all’estero. Secondo quanto previsto nel Dlgs n. 231/07 – decreto sulla lotta al denaro sporco – i dati e le informazioni segnalati per l’antiriciclaggio possono essere utilizzati ai fini fiscali dalla Guardia di Finanza, che può sottoporre a controlli gli intermediari e i professionisti. Analogamente, anche alle operazioni di scudo fiscale possono applicarsi “tutti i presidi antiriciclaggio”.

Dunque, i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio che intervengono nelle operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione consentite dallo scudo devono procedere con una accurata verifica della clientela e sono obbligati a segnalare ogni operazione possa essere ritenuta sospetta, ma questo ultimo obbligo scatta solo nel caso in cui vi siano ragionevoli motivi di ritenere che le attività “scudate” siano frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità. L’obbligo di segnalare le operazioni sospette non sussiste solo in capo alle banche, come disposto in occasione del primo scudo (2002), ma investe anche i professionisti e gli intermediari finanziari cui si rivolgono i clienti che intendono aderire. Così, se da una parte è garantito l’anonimato di chi aderisce allo scudo, evitando l’inserimento del nominativo nell’anagrafe dei conti (come stabilito dall’agenzia delle Entrate, con circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009), dall’altro i nomi di coloro che aderiscono devono essere ben visibili nella documentazione antiriciclaggio di professionisti e intermediari e sono messi a disposizione della GdF, che può utilizzarli anche a fini fiscali.

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