Non è condivisibile l’affermazione per cui la previsione della sanzione accessoria della sospensione dall’esercizio della professione, esclude il reato di cui all’art. 147 comma 3 D.Lgs. n. 219/2006 – vendita di farmaci senza autorizzazione – dall’ambito della depenalizzazione, operata con D.Lgs. n. 8/2016. La depenalizzazione c.d. “cieca” che coinvolge detta disposizione, opera difatti sul solo presupposto che la pena principale abbia carattere pecuniario, restando del tutto irrilevante la pena accessoria.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, accogliendo il ricorso di un’imputata, avverso la propria condanna all’ammenda ed alla sospensione dall’esercizio della professione (quale pena accessoria) per il reato di cui all’art. 147 D.Lgs. n. 219/2006, in quanto, quale titolare di una farmacia, deteneva per la vendita confezioni di farmaci privi della prescritta autorizzazione Aifa. L’imputata insisteva affinché venisse operata la depenalizzazione, essendo il reato contestatole, punito con la sola pene pecuniaria, a prescindere dalla pena accessoria.
Censura ritenuta fondata dalla Corte Suprema, secondo cui l’ambito applicativo della depenalizzazione, attuata con D.Lgs. n. 8/2016, è individuato sulla base di un criterio sia formale, ossia legato al tipo di trattamento sanzionatorio, che sostanziale, ossia dipendente dal riconoscimento che determinati comportamenti, pur mantenendo carattere illecito, non siano più tuttavia meritevoli di pena. Quanto al criterio formale, che qui rileva, esso si riferisce a “tutti i reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda” e costituisce una clausola generale di depenalizzazione c.d. “cieca”, al fine di individuare ossia i reati meno gravi, dal momento che il loro trattamento sanzionatorio non prevede pene restrittive della libertà personale, quali l’arresto o la reclusione.
Ed è evidente – conlcude la Corte con sentenza n. 47818 del 17 ottobre 2017 – che il legislatore, nel definire l’ambito della depenalizzazione, abbia inteso riferirsi alla pena principale, che esprime il nucleo essenziale del disvalore del fatto, non anche ad eventuali pene accessorie.
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