Il concomitante impegno professionale del difensore, non è suscettibile di dar luogo ad assoluta impossibilità a comparire in udienza, ex art. 420 ter comma 5 c.p.p.
E' quanto dedotto dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 25262 depositata il 16 giugno 2015, rigettando la richiesta di annullamento, da parte dell'imputato, della pronuncia con cui era stato condannato per il reato di falsa testimonianza.
Avverso detta condanna, tra i vari motivi di doglianza, l'imputato lamentava come la Corte territoriale avesse erroneamente respinto la richiesta di rinvio dell'udienza, avanzata dal suo difensore per l'esigenza di partecipare ad alcune lezioni di un corso di formazione obbligatoria, che si tenevano il medesimo giorno.
Sul punto la Cassazione, ritenendo infondata detta censura, ha innanzitutto precisato come in tal caso, spetti al giudice compiere una valutazione comparativa dei diversi impegni, al fine di contemperare le esigenze della difesa e della giurisdizione ed accertare se l'impegno privilegiato dal difensore sia effettivamente prevalente o se, piuttosto, sia solo funzionale a manovre puramente dilatorie.
Non può ritenersi sussistente – ha poi rilevato la Corte – una situazione dante luogo a legittimo impedimento a comparire, laddove ciò sia giustificato, non tanto dall'esigenza del difensore di partecipare ad altro procedimento penale, quanto piuttosto (come nel caso di specie) di seguire un corso di formazione professionale, seppure con frequenza obbligatoria.
E' proprio la necessità di operare un bilanciamento degli interessi in rilievo, infatti, che rende all'evidenza recessivo il diritto legale – pur meritevole di considerazione – ad una crescita professionale, rispetto alle esigenze costituzionalmente presidiate di tutela del diritto di difesa dell'imputato.
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