La diversa cultura di provenienza non “scrimina” i maltrattamenti

Pubblicato il 14 aprile 2015 Con sentenza n. 14960 depositata il 13 aprile 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha respinto il ricorso presentato dall’imputato, avverso la pronuncia con cui era stato condannato per aver maltrattato la moglie - costringendola ad avere rapporti sessuali benché incinta - ed altresì per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore.

Avverso detta condanna il ricorrente, cittadino marocchino, invocava la scriminante putativa ex art. 51 c.p., poiché le condotte ad esso contestate, sarebbero state consentite nel suo stato di provenienza.

Al riguardo – ha tuttavia osservato la Cassazione – non è concepibile la scomposizione del nostro ordinamento in tanti statuti individuali per quante sono le etnie che lo compongono, non essendo compatibile con l’unicità del tessuto sociale, l’ipotesi di convivenza di culture confliggenti.

E’ invece opportuno che i comportamenti individuali rispondenti alla varietà delle culture, siano armonizzati in base al criterio unificatore della centralità della persona umana, quale denominatore minimo comune per l’istaurazione di una società civile.

Nel caso di specie, in particolare – ha proseguito la Corte – le condotte dell’imputato appaiono contrarie a qualsiasi principio e non possono ritenersi espressione di alcuna cultura, tantomeno di quella di provenienza dell’imputato.

Né può invocarsi alcuna scriminante fondata sull’esercizio di un presunto diritto escluso in linea di principio dall’ordinamento.
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