La disciplina fiscale degli omaggi

Pubblicato il 24 novembre 2022

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, anche quest’anno, riparte la corsa agli omaggi di fine anno. La diffusa consuetudine delle imprese di distribuire gratuitamente beni alla propria clientela ma anche a fornitori, dipendenti e collaboratori, pone il problema di dare un preciso inquadramento a tali operazioni. Occorre, infatti, tener ben distinta la categoria degli omaggi dalla giungla di sconti, abbuoni e premi.  

La normativa fiscale prevede trattamenti differenziati nel caso in cui le assegnazioni gratuite siano destinate al personale dipendente, alla clientela oppure al titolare o ai soci dell'ente erogante. Al fine di individuare il corretto trattamento degli omaggi ai fini Iva e delle imposte dirette è necessario, quindi, distinguere a seconda che i beni siano o meno oggetto dell’attività esercitata dall’impresa e che il destinatario sia un cliente oppure un dipendente dell’azienda.      

Omaggi a clienti - Beni non oggetto dell’attività d’impresa

I beni non oggetto dell’attività di impresa destinati a omaggio ai propri clienti rientrano, in generale, nella fattispecie delle spese di rappresentanza prevista dall'articolo 108, comma 2 del Tuir. In particolare, al fine di determinare gli acquisti qualificabili come “spese di rappresentanza” è necessario fare riferimento a quanto disposto dall’articolo 1 del D.M. 19/11/2008 che definisce di rappresentanza “le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”. Il D.M. introduce un elenco delle diverse fattispecie. Si considerano, quindi, di rappresentanza:

  1. le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione/scambio costituisce oggetto dell'attività d'impresa;
  2. le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
  3. le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione dell'inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell'impresa;
  4. le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall'impresa;
  5. ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda ai criteri di inerenza indicati.

Ed è proprio in quest’ultima categoria “residuale” che vanno collocate le spese relative ad omaggi di valore unitario superiore a 50 euro nonché le prestazioni gratuite di servizi se non rientranti nell’ambito delle altre categorie. Ne consegue che gli omaggi sono deducibili, se di importo unitario superiore a 50 euro, nel periodo d’imposta di sostenimento delle spese e nel limite annuo fissato dall'articolo 108, comma 2 del Tuir ottenuto dall’applicazione all'ammontare dei ricavi e proventi delle seguenti percentuali:

Per l’articolo 108, comma 2 del Tuir sono, invece, “integralmente deducibili” le spese relative ai beni omaggiati di valore unitario non superiore a 50 euro. La particolare disciplina recata dalla norma – chiarisce la circolare 34/E/2009 - è applicabile solo ai "beni" di modico valore distribuiti gratuitamente e non anche ad eventuali servizi gratuiti. Pertanto, le spese relative all'acquisto di "piccoli omaggi" non rientrano nell'ammontare delle spese di rappresentanza da confrontare con il plafond di deducibilità ma possono essere interamente dedotte. Laddove un omaggio si compone di più beni, il valore di 50 euro deve essere riferito al valore complessivo dell'omaggio e non al valore dei singoli beni che lo compongono.

ESEMPIO: Una confezione composta di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno, dovrà essere considerata come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro e, come tale, sarà soggetto - ai fini della deducibilità - alla disciplina delle spese di rappresentanza.

La risoluzione 27/E/2014 ha fornito chiarimenti in merito alla locuzione "valore unitario non superiore a 50 euro”; tale valore evoca un riferimento ai beni autoprodotti e distribuiti gratuitamente, ossia quei beni alla cui ideazione, produzione, commercializzazione è diretta l'attività di impresa e che si differenziano dai beni destinati all’omaggio ma acquistati da terzi.  Secondo il documento di prassi, con l'utilizzo della locuzione "valore" in luogo di "costo" il legislatore ha inteso riferirsi al valore normale dei beni, come determinato dall'articolo 9 del Tuir. Pertanto, per i beni autoprodotti, il valore dell'omaggio rileva unicamente al fine di individuare la spesa di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata. Resta inteso che, una volta qualificata come spesa di rappresentanza (se il valore di mercato supera la soglia dei 50 euro), al plafond di deducibilità concorrerà, per intero, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall' impresa. Qualora, invece, il valore normale dell'omaggio autoprodotto risulti al di sotto della soglia dei 50 euro, il costo di produzione, quale spesa di rappresentanza, sarà pienamente deducibile. Sulla base delle precedenti indicazioni appare chiaro che la soglia dei 50 euro opera da spartiacque tra il bene di modico valore e la spesa di rappresentanza.

ATTENZIONE: Per i soggetti che adottano la contabilità semplificata e, conseguentemente, il regime di cassa, le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta in cui è avvenuto il pagamento, fermi restando per queste ultime i limiti di deducibilità previsti dall'articolo 108, comma 2 del Tuir.

Sul fronte Iva, il DLgs.175/2014 ha previsto - a partire dal 12.12.2014 - un aumento da 25,82 a 50,00 euro della detraibilità relativa all'acquisto di beni da cedere gratuitamente a scopo di rappresentanza. Con tale modifica è stato, di fatto, “allineato” il valore unitario rilevante ai fini Iva a quello previsto per la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi.  Considerato che gli omaggi ai clienti, oltre a poter essere qualificati come di rappresentanza, costituiscono una “cessione gratuita”, per inquadrare il corretto trattamento Iva applicabile agli stessi è necessario considerare quanto disposto dall’art. 2, comma 2, n. 4), DPR 633/72.

Le cessioni gratuite di beni, pur essendo prive del requisito dell'onerosità, sono considerate cessioni di beni rilevanti ai fini IVA; a tale regola fanno “eccezione” e, quindi, risultano escluse dal campo di applicazione dell’Iva:

Pertanto, dalla lettura combinata delle norme, deriva che:

Quindi, come in passato, la cessione gratuita di beni non oggetto dell’attività dell’impresa è sempre irrilevante ai fini IVA, a prescindere dall’ammontare del relativo costo unitario. Da ciò consegue che all’atto della consegna dell’omaggio non è necessario emettere alcun documento fiscale (fattura, ricevuta, ecc.).

Acquisto di confezioni di beni

Secondo i chiarimenti dall'Amministrazione finanziaria (circolare 34/E/2009) se l'omaggio è rappresentato da una confezione di beni, ai fini dell'individuazione del regime Iva applicabile, occorre avere riguardo al costo dell'intera confezione, anziché al costo dei singoli beni. Conseguentemente, in relazione all’acquisto di un cesto regalo di costo superiore a 50 euro, ancorché composto da beni di costo unitario inferiore a tale limite, la relativa IVA è indetraibile. Sempre per le confezioni natalizie, qualora la fattura sia riferita a beni o servizi soggetti ad aliquote diverse, nella stessa occorre indicare distintamente, secondo l'aliquota applicabile:

Acquisti effettuati all’estero

Anche per gli acquisti di beni effettuati presso fornitori UE/extra-UE ed impiegati quali omaggi trova applicazione quanto disposto dall'art. 19-bis1, co. 1, lett. h), del DPR 633/72.  Pertanto, l'Iva assolta in sede di importazione (fornitore extra-UE) o tramite il meccanismo dell'inversione contabile (fornitore UE) risulta ammessa in detrazione solo se il valore unitario del bene non risulterà superiore a 50 euro.

Acquisto di alimenti e bevande

Secondo la circolare 54/E/2002 la detraibilità Iva per i beni di costo unitario non superiore a 50 euro vale anche nel caso in cui gli omaggi siano costituiti da alimenti e bevande (es. spumante, panettone, torrone, ecc.), tant'è che gli stessi, rientrando tra le spese di rappresentanza, sono assoggettati alla disciplina prevista dal citato art. 19-bis1, co. 1, lett. h). Nella citata circolare, l’Agenzia ha infatti specificato che, benché la lett. f) dell’art. 19-bis1 prevede in generale l’indetraibilità dell’IVA relativa all’acquisto di alimenti e bevande, è consentita la detrazione per detti beni di costo unitario non superiore a 50 euro nel caso in cui gli stessi, destinati ad essere ceduti a titolo gratuito, rientrino fra le spese di rappresentanza.

Lavoratori autonomi

In generale, i costi sostenuti per l’acquisto di omaggi da destinare ai clienti sono deducibili dal reddito del professionista, a titolo di spesa di rappresentanza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, a prescindere dal valore unitario. Per la circolare 34/E/2009, infatti, le disposizioni in materia di spese di rappresentanza sono applicabili anche ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Pertanto, stante l’espresso riferimento all’attività d’impresa contenuto nel citato art. 2, comma 2, n. 4) del DPR 633/72, per il lavoratore autonomo, la cessione gratuita di beni di costo unitario non superiore a 50 euro va assoggettata ad Iva (con la conseguente necessità di adempiere agli obblighi di fatturazione, registrazione, ecc. degli omaggi). Tuttavia, resta ferma la possibilità di scegliere di non detrarre l’Iva sull’acquisto dei beni in esame, rendendo così irrilevante ai fini Iva la successiva cessione. Per quanto riguarda, invece, i beni di costo unitario superiore a 50 euro non si pone alcun problema: al lavoratore autonomo non è consentito detrarre la relativa Iva, e pertanto, la successiva cessione è esclusa da Iva.

Omaggi a dipendenti - Beni non oggetto dell’attività d’impresa

Prevista una disciplina ad hoc per gli omaggi ai dipendenti. Infatti se, da una parte, per il datore di lavoro il costo sostenuto per l’acquisto dei beni da destinare ad omaggio è deducibile dal reddito d’impresa, dall’altro, gli omaggi ricevuti dal lavoratore concorrono alla formazione del reddito del dipendente. Pertanto, tenuto conto che - a prescindere dall’ammontare del costo (o valore) - gli omaggi non sono inerenti l’attività, né per l’impresa né per il professionista, e non possono essere qualificati come di rappresentanza:

Si ricorda che il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di omaggi destinati ai propri dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi) è deducibile dal reddito d’impresa secondo le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro (art. 95, comma 1 del Tuir). In particolare, le spese sostenute in denaro o in natura (omaggi) a titolo di liberalità a favore dei lavoratori costituiscono costi per prestazioni di lavoro deducibili nel limite dell’art. 100 comma 1 del Tuir (entro lo 0,5% del costo complessivo del lavoro). Per i lavoratori autonomi, invece, detti costi sono deducibili ai sensi dell’art. 54, comma 1 del Tuir, avente una portata applicativa analoga a quella del citato articolo 95 del Tuir.

Lato dipendente, il riferimento è all’articolo 51, comma 1 del Tuir secondo cui concorrono alla formazione del reddito del dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Così, al fine di verificare l’imponibilità delle erogazioni liberali ai dipendenti in occasione delle festività si osserva che le stesse:

a) se in denaro, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente e sono, quindi, da assoggettare a tassazione, ad eccezione delle esclusioni specificatamente previste;

b) se in natura, non concorrono alla formazione del reddito nel caso non superino, insieme all'ammontare degli altri fringe benefit, l'importo di 258,23 euro ai sensi dell'art. 51, co. 3, del Tuir, elevato a 516,46 euro per il 2020 e 2021 (art. 112 del D.L. 104/2020) e a 600 euro per il 2022 (art. 12 del D.L. 115/2022).

Qualora venga superato detto limite – in base alla norma dell’articolo 51, comma 3 del Tuir - l’intero valore concorre alla formazione del reddito del dipendente. Sarà, quindi, compito dell’impresa verificare per ciascun dipendente il superamento o meno del suddetto limite. Si ricorda, peraltro, che nella circolare 58/E/2008, l’Agenzia ha chiarito che l'esclusione dal reddito opera anche se la liberalità è erogata ad un solo dipendente non essendo più richiesto che l'erogazione liberale sia concessa in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti, fermo restando che se il valore in questione è superiore a detto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

Omaggi a clienti - Beni oggetto dell’attività d’impresa

Ai fini Iva, tenuto conto della disposizione di cui all'articolo 2, co. 2, n. 4, del DPR 633/72, la cessione gratuita di beni alla cui produzione o alla cui commercializzazione è finalizzata l'attività dell'impresa è soggetta ad Iva indipendentemente dal costo (o valore) unitario dei beni (inferiore, pari o superiore a 50 euro). Tuttavia, l’orientamento contenuto nella C.M. 188/98, in base al quale “gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza”, pare ancora applicabile benché il DM 19/11/2008 abbia fissato nuove modalità di individuazione delle spese di rappresentanza. Conseguentemente, si ritiene che:

Si rammenta che in presenza di una cessione gratuita rilevante ai fini IVA:

ATTENZIONE: In base all'articolo 2, co. 3, lett. d) del DPR 633/72 sono escluse da IVA le cessioni gratuite di campioni di modico valore appositamente contrassegnati.

Documentazione della cessione gratuita

Secondo quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria, in assenza di rivalsa, l'operazione può essere certificata, alternativamente, emettendo:

ATTENZIONE: Le autofatture per omaggi devono essere emesse come fatture elettroniche e inviate al Sistema d'interscambio, riportando i dati del cedente/prestatore sia nella sezione "Dati del cedente/prestatore" sia nella sezione "Dati del cessionario/committente" indicando "TD27" nel campo "tipo documento".

Tale documento, che va annotato sul registro IVA delle vendite, può essere emesso:

In alternativa, annotando, su un apposito "registro degli omaggi", tenuto a norma dell'art. 39 del DPR 633/72, l'ammontare globale dei prezzi di acquisto o di produzione dei beni ceduti gratuitamente, riferiti alle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota. Ai fini reddituali, gli acquisti dei beni in esame rientrano tra le spese di rappresentanza senza distinzioni tra beni oggetto e non oggetto dell’attività d’impresa. Sono, quindi, applicabili le regole sopra riportate con riferimento agli omaggi destinati ai clienti di beni non oggetto dell’attività.

Omaggi a dipendenti - Beni oggetto dell’attività d’impresa

Nel caso di beni oggetto dell’attività dell’impresa, gli omaggi ai propri dipendenti non configurano spese di rappresentanza e, pertanto, l’Iva relativa all’acquisto del bene è detraibile. La cessione gratuita è assoggettata ad Iva ai sensi del n. 4) dell’art. 2, senza obbligo di rivalsa nei confronti dei destinatari.  Analogamente alla modalità adottata per gli omaggi ai clienti, all’atto dell’acquisto il datore di lavoro può scegliere di non detrarre l’Iva relativa ai beni, al fine di non assoggettare ad Iva la relativa cessione gratuita.

Cena di Natale organizzata dall'impresa

Spesso l’impresa, specie nel periodo natalizio, organizza un buffet o una cena per lo scambio degli auguri. Stiamo parlando di una prestazione gratuita di servizi (la somministrazione, infatti, è tale) analizzata dalla circolare 34/E/2009 che la inquadra tra le spese di rappresentanza. In particolare, l’Agenzia ha chiarito che le spese per feste e ricevimenti organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o festività religiose o nazionali sono da considerare spese di rappresentanza a meno che all’evento siano presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa. Diversamente, non sono qualificabili di rappresentanza quelle spese sostenute per eventi aziendali in cui sono presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa, in quanto le spese non possono considerarsi sostenute nell’ambito di «significative attività promozionali» dei prodotti dell’impresa. Ne consegue che il costo della cena di Natale organizzata dal datore di lavoro per i propri dipendenti non può essere considerata quale spesa di rappresentanza.

Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria, non ha precisato quale differente qualificazione deve essere attribuita a questa particolare erogazione. Pare potersi ritenere che la stessa costituisca una liberalità a favore dei dipendenti e, quindi:

Costo

il costo è deducibile ai fini del reddito:

  • nel limite del 75% della spesa sostenuta;
  • nel limite del 5‰ dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi (art. 100, comma 1, Tuir)

IVA 

l’IVA è indetraibile in quanto relativa ad un costo per i dipendenti che non possiede il requisito dell’inerenza con l’esercizio dell’impresa.

Occorre tra l’altro rilevare che, a norma dell’articolo 109, comma 5 del Tuir, le spese relative alla somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75%. Pertanto, ai fini delle imposte sul reddito il costo sostenuto per le cene natalizie è deducibile nel limite del 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente ex articolo 100, comma 1 del Tuir nonché nel limite del 75% della spesa sostenuta. Per quanto riguarda, invece, le spese sostenute per feste e ricevimenti aziendali a cui partecipano oltre ai dipendenti anche altri soggetti (intendendo per tali clienti, fornitori, istituzioni, ecc..) pare chiaro che tali spese siano da qualificarsi come di «rappresentanza». In materia di imposte sul reddito, per le spese in esame è prevista una deducibilità del 75% nel limite dell’ammontare massimo di deducibilità previsto nell’anno dal D.M. 19 novembre 2008, ossia in proporzione (1,5% - 0,6% - 0,4%) ai ricavi/proventi della gestione caratteristica. In altri termini, le spese per vitto e alloggio qualificabili come «spese di rappresentanza» dovranno essere assoggettate:

Voucher deducibili come spese di rappresentanza

Negli ultimi anni è sempre più diffusa la prassi di consegnare, a clienti e fornitori, dei “voucher” utilizzabili per l'acquisto di beni e/o servizi presso una rete di esercizi commerciali convenzionati, per un importo pari al loro valore facciale. L'articolo 6-bis del D.P.R. 633/1972 definisce “buono-corrispettivo”, quello strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.

Tali caratteristiche consentono di distinguere i buoni-corrispettivo dagli strumenti di pagamento, che sono esclusi dall'ambito di applicazione della cd. “direttiva voucher” in quanto non includono uno specifico diritto a ricevere beni o servizi. I successivi articoli 6-ter e 6-quater del D.P.R. 633/1972 differenziano, poi, i buoni monouso da quelli multiuso; tale distinzione assume rilevanza ai fini dell’applicazione dell’Iva, in ragione del fatto che il buono monouso determina la possibilità di ottenere un solo tipo di bene e di servizio, diversamente da quello multiuso che consentono la possibilità di acquisire beni e servizi di differente natura.

Per i buoni “monouso” l’aliquota applicabile è nota sin dall’origine (ossia già dal già al momento dell'emissione di un buono stesso), con la conseguenza che la circolazione del buono rileva ai fini dell’imposta; per i buoni multiuso, invece, l'Iva sarà esigibile quando i beni o i servizi cui il buono si riferisce sono ceduti o prestati; qualsiasi trasferimento precedente non sarà soggetto ad Iva. Pertanto, ciò che assume rilevanza ai fini della qualificazione come monouso o multiuso di un buono-corrispettivo è la certezza o meno, già al momento dell'emissione del buono-corrispettivo, del trattamento Iva attribuibile alla corrispondente cessione di beni o prestazione di servizi, da intendersi come certezza circa la territorialità dell'operazione e la natura, qualità, quantità nonché l'Iva applicabile ai beni e servizi formanti oggetto della stessa, tutti elementi richiesti ai fini della documentazione dell'operazione.  Di conseguenza, in sede di stipulazione dei contratti con i propri fornitori occorrerà tener conto delle predette indicazioni, ai fini della corretta qualificazione dei buoni-corrispettivo acquistati da terzi come buoni monouso o multiuso.

Alla luce di tali disposizioni, appare chiaro che non rientrano tra i voucher i cd. “buoni sconto”, ossia quegli strumenti che conferiscono al titolare il diritto ad uno sconto all'atto dell'acquisto di beni o servizi. Se per il trattamento Iva si rilevano alcune indicazioni puntuali, sotto il profilo dell'imposizione diretta le prime indicazioni sulla deducibilità sono arrivate con la risposta all’interpello n.519/E/2019. Con tale documento l’Agenzia delle Entrate ha precisato che gli oneri sostenuti dall'azienda per l'acquisto dei voucher da regalare ai propri clienti "a titolo promozionale” rientrano nella categoria residuale delle spese di rappresentanza. In realtà il documento di prassi, richiamando dapprima il contenuto del D.M. 19 novembre 2008 e, poi, le indicazioni della circolare 34/E/2009, ha evidenziato che l'onere sostenuto dall'azienda per i buoni-corrispettivo o voucher non è espressamente incluso tra le spese di rappresentanza, in quanto la formulazione letterale della disposizione normativa fa diretto riferimento alla nozione di beni e servizi. Ciò nonostante, l’Agenzia conferma che gli oneri sostenuti dalla società per i buoni corrispettivo rientreranno nella lettera e) dell'articolo 1, comma 1, del D.M. del 19 novembre 2008. La loro deduzione come spese di rappresentanza di cui all'articolo 108 del Tuir è, quindi, subordinata al verificarsi delle condizioni relative l’inerenza espressamente indicate nel D.M. 19/11/2008 e nella circolare n. 34/E/2009.

Buoni acquisti a clienti ai raggi X

Buono

monouso

E' un buono in relazione al quale il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il buono si riferisce e l'IVA dovuta sono noti già al momento dell'emissione.

 

Buono multiuso

Un buono-corrispettivo si considera multiuso se al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini dell'Iva alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto. Ad esempio, rientrano nella categoria dei buoni multiuso i cofanetti regalo che offrono la possibilità al possessore di scegliere, nell'ambito di un paniere, uno o più servizi, soggetti ad aliquote IVA diverse.

 

Deducibilità Voucher

Tenuto conto delle indicazioni del D.M. 19 novembre 2008 e della circolare 34/E/2009 in merito al concetto di inerenza, nella risposta all’interpello 509/E/2019 viene chiarito che gli oneri sostenuti dall'azienda per l'acquisto dei voucher da regalare ai propri clienti rientrano nella categoria “residuale” delle spese di rappresentanza di cui alla lettera e) dell'articolo 1, comma 1, del D.M. del 19 novembre 2008.

La loro deduzione come spese di rappresentanza, quindi, è subordinata al verificarsi delle condizioni del citato decreto attuativo e della circolare n. 34/E del 2009.

 

 

Quadro Normativo

- DPR N. 633 DEL 26 OTTOBRE 1972 (ARTICOLO 2, CO. 2, N. 4);

- AGENZIA DELLE ENTRATE – CIRCOLARE N. 34 DEL 13 LUGLIO 2009;

- MINISTERO ECONOMIA E FINANZE - D.M. 19 NOVEMBRE 2008.

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