La Cassazione sull’onere probatorio
Pubblicato il 23 aprile 2010
L’incombenza dell’onere probatorio è al centro di due pronunce depositate il 21 aprile 2010 dalla Cassazione.
Con la sentenza n. 9469, la Corte ha trovato antieconomico, comportamento estraneo alle normali regole di mercato, il modo di agire di un'impresa commerciale che ometteva nella contabilizzazione gli interessi su crediti vantati verso i clienti. Su questo concetto i giudici hanno ritenuto legittimo l'accertamento induttivo da parte del Fisco che, pur in presenza di una contabilità regolare, aveva riscontrato che l’azienda non aveva iscritto in bilancio tali interessi legali. La questione è che l’articolo 43 del dpr n. 597/1973 prevede che “per i capitali dati a mutuo si presume il diritto agli interessi,... salvo prova contraria, anche se dal titolo gli interessi non risultano convenuti o risultano convenuti in misura inferiore” agli interessi al tasso legale. Non solo. Dal momento che si è in presenza di un comportamento antieconomico l’onere probatorio del perché di tale comportamento è a carico del contribuente. È il caso di ritenere che probabilmente il contribuente si giustificherà con la motivazione che il non chiedere interessi ad un cliente nel caso di una ditta commerciale ha lo scopo di mantenere buoni rapporti e fidelizzazione.
Nella sentenza n. 9476, la Cassazione interviene sull’onere probatorio del riscontro di fatture ritenute false tra società appartenenti allo stesso gruppo. Nello specifico, la Corte precisa che può configurare un abuso del diritto lo scambio di fatture fra aziende di famiglia a fronte della vendita di beni a prezzi fuori mercato. Il Fisco ha avuto ragione a contestare alla società di aver detratto dei costi a fronte di ripetute fatture per merce acquistata e poi rivenduta ad altre società di famiglia, a prezzi di mercato inferiori. Dunque, il giudice tributario, prima di verificare se le fatture sono false, deve valutare se sia riscontrabile l’abuso del diritto.