Iva divisa tra sconti e incentivi

Pubblicato il 03 novembre 2008

Le sanzioni, ragguardevoli, cui rischiano di incappare le imprese che trascurano la disciplina Iva degli incentivi e dei premi legati alla promozione delle vendite (il problema si riflette anche sulla redazione del bilancio di esercizio, quindi sugli obblighi contabili, sia che si adottino gli Ias, sia che si adottino i principi nazionali), dovrebbero indurre a maggiore attenzione. E’ merito della prassi agenziale (risoluzioni 120/E/2004 e 36/E/2007) aver evidenziato come incentivi, premi, sconti e abbuoni – il cui utilizzo impone valutazioni di convenienza fiscale - possano essere ricondotti a due categorie: bonus “quantitativi” e bonus “qualitativi”. I primi, corrisposti a seguito dell’incremento del numero delle vendite, si traducono nella riduzione dei prezzi originariamente praticati all’atto di cessione del prodotto e sono, dunque, equiparati ad abbuoni o sconti previsti da contratto (art. 26, comma 2, del Dpr n. 633/72). I secondi, erogati per lo svolgimento di obbligazioni originate dall’accordo contrattuale, si qualificano come corrispettivo per prestazioni di servizi (art. 3 del medesimo Dpr n. 633/72). La collocazione nell’uno o nell’altro bonus non è, tuttavia, possibile per un’ampia serie di iniziative commerciali per così dire “ibride”. E’ giunta in aiuto la norma di comportamento n. 163, a cura dell’Associazione italiana dottori commercialisti, che ha individuato una terza categoria di iniziative commerciali destinata ad accogliere i bonus “misti”: il riconoscimento del vantaggio è in questo caso collegato a due obbligazioni che “se fossero autonome, darebbero luogo, l’una, a una variazione in diminuzione dell’acquisto, con o senza recupero dell’imposta, e, l’altra, a un’operazione soggetta a Iva, come prestazione di servizio”.

Dagli orientamenti fin qui espressi, risulta chiaro che secondo il Fisco ogni incentivo commerciale può esser ricondotto ai due bonus (quantitativo per gli sconti, qualitativo per le prestazioni di servizi) e la difficoltà sulla corretta classificazione di ogni operazione promozionale sta esclusivamente nella mancanza o poca chiarezza degli accordi contrattuali realizzati dalle parti. Chiosa quindi l’Agenzia che “al fine di evitare l’insorgenza di incertezze è opportuno, pertanto, che gli accordi commerciali vengano stipulati in modo che le operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività promozionale siano correttamente riconducibili tra le prestazioni di servizi oppure tra gli sconti”.

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