Irap con collaboratore familiare

Pubblicato il 18 giugno 2016

L'agente di commercio che ha costituito per l'esercizio della propria attività una impresa familiare è tenuto al pagamento dell'Irap.

Lo sancisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12616 del 17 giugno 2016, con la quale è accolto il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria regionale, che aveva disposto il rimborso del tributo visto che l'agente di commercio utilizzava beni strumentali di modesta entità.

Irap, non rilevano i beni strumentali modesti

Secondo i Supremi giudici il solo fatto della presenza di un collaboratore familiare, cui era corrisposto il 47% del reddito d'impresa realizzato, evidenzia l'esistenza di una impresa familiare e, dunque, fa scattare il presupposto per il pagamento del tributo regionale ai sensi del Dlgs n. 446/1997, a nulla rilevando il fatto che nello svolgimento dell'attività siano stati utilizzati beni strumentali di modesta entità.

Secondo la Corte deve ritenersi soggetto all'Irap l'imprenditore commerciale che risulti titolare di un'impresa familiare e non i singoli familiari collaboratori, essendo l'Irap correlata “non al reddito o al patrimonio in sé, ma allo svolgimento di un'attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi” e inoltre “integrando, la collaborazione dei partecipanti, quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore, o valore aggiunto, rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare”

L'Ordinanza n. 12616/2016 riconosce, pertanto, che la Commissione di merito, trascurando il dato costituito dalla presenza di un familiare, ritenuto invece sintomatico in sé di quell'attività autonomamente organizzata, necessaria ai fini dell'avveramento del presupposto dell'Irap, non si è, in effetti, conformata a tali principi di diritto.

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