L’ipoteca erariale non è suscettibile di revoca ai sensi dell’articolo 67, primo comma, n. 4 della Legge fallimentare, che prevede la revocabilità delle sole ipoteche giudiziali e volontarie costituite entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
E', infatti, una figura autonoma, non agevolmente inquadrabile in nessuna delle categorie previste dal Codice civile.
Così, anche se la stessa può essere accostata all’ipoteca giudiziale – avendone in comune la subordinazione dell’iscrizione ad una iniziativa del creditore fondata su un titolo esecutivo precostituito e la finalità di garantire l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria – se ne differenzia per la natura del titolo posto a fondamento, non costituito da un provvedimento giurisdizionale bensì da un atto amministrativo.
E’ sulla scorta di questo assunto che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 5561 dell’8 marzo 2018, ha ribaltato la decisione con cui, nel merito, era stata respinta l’opposizione allo stato passivo di un fallimento avanzata dall’agente di riscossione.
Quest’ultimo aveva adito il Tribunale lamentando l’erroneità della decisione nella parte in cui il giudice delegato aveva escluso il privilegio ipotecario relativamente al credito che Equitalia aveva nei confronti del fallimento.
Il giudice delegato, ossia, aveva assimilato l’ipoteca erariale ad un’ipoteca giudiziale revocabile ex articolo 67 Legge fallimentare.
Conclusioni non condivise dalla Prima sezione civile che, sulla base di quanto sopra ribadito, ha accolto il ricorso promosso dall’Agenzia di riscossione, cassando, conseguentemente, il decreto impugnato nonché decidendo nel merito l’ammissione, in via ipotecaria, del credito vantato al passivo del fallimento.
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