Interventi in ambito fiscale nel decreto “Dignità”

Pubblicato il 02 agosto 2018

Lo scorso 13 luglio è stato pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 161 il D.L. 87 del 12 luglio 2018, denominato decreto “dignità”. Il provvedimento è al centro dell’attenzione soprattutto delle imprese, per le misure che lo stesso introduce e che, secondo le intenzioni del Governo, dovrebbero contrastare il lavoro precario.

Dal punto di vista fiscale vi sono stati degli interventi, alcuni dei quali probabilmente con effetti marginali, mentre altri sicuramente da qualificare come di maggior rilievo.

Il decreto come indicato nella relazione tecnica, presenta i presupposti di necessità ed urgenza determinati dall’esigenza di introdurre nuove azioni che pongano limiti alle condizioni di criticità su temi urgenti e strategici, come sono quelli del lavoro e delle imprese.

Tra le intenzioni del Legislatore vi è quella, ad esempio, di intervenire per arginare in determinati casi il fenomeno delle delocalizzazioni all’estero, assicurando che le aziende destinatarie di incentivi e aiuti restituiscano quanto ricevuto a fronte di un trasferimento delle attività produttive.

Altri interventi, con riferimento alla parte fiscale, riguardano misure di semplificazioni previste dal capo quarto del decreto che riguardano nello specifico l’Iva.

Nell’iter di conversione in legge - iniziato il 16 luglio ed ancora in corso alla Camera - il testo è stato arricchito di ulteriori disposizioni anche a seguito dei numerosi emendamenti presentati.

L’approvazione definitiva con il passaggio al Senato dovrebbe avvenire prima della vacanze estive, ma dopo le modifiche alla Camera pare non dovrebbero esserci significativi cambiamenti.

Relativamente agli aspetti fiscali, tra le novità introdotte dagli emendamenti al D.L. n. 87/2018 si segnala la possibilità di beneficiare della compensazione delle cartelle esattoriali affidate fino al 31 dicembre 2017 con i crediti vantati nei confronti della PA anche nel 2018 e l’esonero dalla tenuta dei registri Iva per i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica, che, si ricorda, sarà obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2019.

Nel presente documento si analizzeranno alcune novità fiscali presenti nel testo, evidenziando gli aspetti maggiormente interessanti del decreto anche alla luce delle modifiche previste dagli emendamenti presentati in sede di conversione in legge.

 

Contrasto alla delocalizzazione delle imprese

All’articolo 5 del decreto è prevista una disposizione, generale e "trasversale", con l’intento di limitare la delocalizzazione in determinati casi delle imprese.

Nell’articolo 5 sono previste delle ipotesi di decadenza per le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che hanno beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio e che delocalizzano (anche solo in parte) l'attività economica interessata da tale beneficio in Stati non appartenenti alla UE. La norma fa, comunque, salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali e dalla normativa europea.

La decadenza determina il recupero dell'aiuto, e la corresponsione di interessi maggiorati (l'interesse è infatti stabilito in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell'aiuto, maggiorato di cinque punti percentuali).

 

NB! - Alla prima ipotesi di decadenza che riguarda le imprese che delocalizzano in Stati extra UE o extra SEE entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata" è prevista, anche una sanzione amministrativa pecuniaria in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito.

 

Una seconda ipotesi prevista dalla norma colpisce anche una “fattispecie” di delocalizzazione che si potrebbe definire “domestica", e riguarda le imprese che hanno beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi "specificamente localizzati" e che entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa o del completamento dell'investimento agevolato delocalizzano anche solo in parte l'attività dal sito incentivato in favore di unità produttiva situata al di fuori dell'ambito territoriale del predetto sito, in ambito nazionale, dell'Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico Europeo.

Si evidenzia che l’ultimo comma dell’articolo 5 (comma 6) identifica il concetto di delocalizzazione come il trasferimento di attività economica o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria dell'aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la norma trova applicazione nei confronti di imprese beneficiarie di tutti gli aiuti di Stato agli investimenti, indipendentemente dalla forma sotto la quale sono concessi (contributo, finanziamento agevolato, garanzia, aiuti fiscali) e dalle modalità di erogazione.

Per quanto riguarda la decorrenza, la norma opera solo per il futuro ed in questo senso nel testo viene precisato che per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, resta ferma l'applicazione della disciplina vigente anteriormente alla medesima data, inclusa, nei casi ivi previsti, quella di cui all'articolo 1, comma 60, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, norma quest'ultima che, com'è noto, riguarda il recupero dei contributi pubblici in conto capitale, al verificarsi di una riduzione di personale pari almeno al 50 per cento.

 

La relazione illustrativa osserva come l'intenzione della legge sia quello di arginare il fenomeno della delocalizzazione che negli ultimi anni è aumentato in quanto sempre più imprese, per lo più appartenenti a multinazionali o a gruppi industriali di rilevanti dimensioni in termini di fatturato e occupazione, nel contesto della globalizzazione dei mercati e di una sempre più ricercata divisione internazionale del lavoro connessa alla mobilità dei capitali, scelgono di delocalizzare le attività al di fuori del territorio nazionale, con gravi conseguenze per il Paese a causa della perdita di posti di lavoro e dell'indebolimento della competitività strutturale.

 

Il recupero dell’iper ammortamento

L’agevolazione relativa all’iper ammortamento fino all’entrata in vigore del decreto 87/2018 è stata riconosciuta in relazione alla generalità dei beni che possiedono i requisiti tecnici necessari per poterne fruire a prescindere dalla loro ubicazione.

La norma istitutiva del meccanismo dell’iper ammortamento (Legge n. 232 dell’11 dicembre 2016), infatti, non prevede un requisito o una clausola di territorialità né un meccanismo di recupero dell’agevolazione in caso di destinazione dei beni a strutture aziendali non localizzate in Italia.

In relazione all'iper ammortamento si è fatto riferimento alle indicazioni rese dall'Agenzia delle Entrate in merito al c.d. superammortamento, agevolazione che anch'essa, non prevede una qualsiasi clausola di territorialità e di cui l'iper ammortamento, salvo diverse indicazioni, ne ricalca la disciplina.

L'art. 7 del decreto 87/2018 interviene proprio su questo aspetto, introducendo appunto una clausola di territorialità, secondo cui l'agevolazione spetta solo in relazione ai beni destinati a strutture produttive ubicate nel territorio nazionale e prevede un meccanismo di recupero dell'agevolazione già goduta qualora, durante la fruizione dell'iper ammortamento, il bene agevolato sia ceduto o destinato a strutture produttive situate all'estero.

Il primo comma dell'art. 7, subordina la spettanza dell'iper ammortamento alla condizione che "i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale, e il secondo comma, a sua volta, stabilisce che "se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero dell'iper ammortamento”.

Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d'imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d'imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Il recupero dell'agevolazione già fruita scatta non solo in caso di delocalizzazione del bene, ma anche nei casi in cui detti beni "vengono ceduti a titolo oneroso" a prescindere dal luogo di destinazione del bene (e, cioè, anche nel caso in cui il cessionario sia un soggetto residente).

La disposizione in esame si colloca nell'ambito delle misure volte per "arginare il fenomeno della delocalizzazione delle attività economiche delle imprese, per tale intendendo lo spostamento in altri Paesi di attività o processi produttivi o di fasi di essi alla ricerca di migliori margini di competitività derivanti da un minor costo della manodopera e da una minore regolamentazione del mercato del lavoro ovvero da altri vantaggi, sopratutto in termini di fiscalità.

Quindi il recupero potrebbe scattare solo "in caso di cessione all'estero o delocalizzazione degli investimenti", mentre negli altri casi trovi applicazione la regola ordinaria secondo cui l'impresa cedente non può continuare a fruire dell'agevolazione, ma le quote di iper ammortamento già dedotte rimangono definitivamente acquisite dal cedente.

In merito è auspicabile un tempestivo chiarimento dell'Amministrazione finanziaria.

 

L’ultimo comma dell’art. 7 (comma 4) prevede che il recupero del beneficio non opera nei casi di interventi sostitutivi.

In caso di cessione dei beni agevolati il cedente continua a fruire dell'iper ammoramento a condizione che, nello stesso periodo d'imposta in cui avviene la cessione, sostituisca il bene ceduto con un altro bene iperammortizzabile.

Tutte le nuove regole si applicano agli investimenti in beni iperammortizzabili effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto.

 

Credito ricerca e sviluppo

Il decreto 87/2018 interviene anche sulla disciplina del credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all'art. 3 del D.L. n. 145/2013, restringendo il novero dei costi agevolati.

A partire dal 14 luglio 2018 non sono più agevolati i costi sostenuti per l'acquisto di beni immateriali qualora il cedente appartenga al medesimo gruppo del cessionario.

Più in particolare, non si considerano ammissibili i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, dei beni immateriali (comma 6, lettera d), articolo 3 del D.L. 145/2013), derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo".

Ai sensi del comma 3 del decreto 87/2018:

 

Differimento degli invii del c.d. "nuovo spesometro"

Il D.L. 87 del 12 luglio 2018 al capo IV prevede misure in materia di semplificazione fiscale e in particolare riguardanti il termine di trasmissione delle comunicazioni dei dati delle fatture emesse e ricevute.

Tale adempimento è stato introdotto dal D.L. n. 193 del 2016, nell'ambito delle misure di contrasto all'evasione relativamente all'imposta sul valore aggiunto e con la riformulazione dell'art. 21 del decreto legge n. 78 del 2010 (che disciplinava lo spesometro), è stato previsto a decorrere dal 1° gennaio 2017 l'obbligo per i soggetti passivi d'imposta di trasmettere trimestralmente in via telematica, entro la fine del secondo mese successivo al trimestre di riferimento, i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre e di quelle ricevute e registrate in tale periodo, ivi comprese le bollette doganali e i dati delle relative variazioni.

Pur trattandosi di un adempimento che a regime ha cadenza trimestrale, per il 2017, primo anno di applicazione, è stato tuttavia disposto l'invio dei dati con periodicità semestrale.

Dopo una serie di differimenti dovuti a difficoltà tecniche negli invii, i termini di trasmissione delle comunicazioni relative al 2017 sono stati fissati al 16 ottobre 2017 per il primo semestre e al 6 aprile 2018 per il secondo semestre.

Alcune semplificazioni alla disciplina originaria sono state disposte dall'art. 1ter del decreto legge n. 148 del 2017.

È stata riconosciuta la possibilità di trasmettere i dati delle fatture emesse e ricevute anche con cadenza semestrale, anziché solo trimestralmente come in precedenza stabilito, e sono stati ridotti i dati da indicare nelle comunicazioni.

Per le fatture di importo inferiore a 300 euro è stata ammessa la possibilità di trasmettere, invece dei dati delle singole fatture, un documento riepilogativo di tali dati predisposto ai sensi dell'art. 6 del d.p.r. n. 695 del 1996.

 

Nuovi termini di trasmissione

In tale contesto normativo l'art. 11 del decreto 87/2018 ha differito i termini di trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute relativi al terzo trimestre del 2018, in caso di periodicità trimestrale, e ha stabilito i termini per gli invii di tali dati per il primo e il secondo semestre del 2018, in caso di periodicità semestrale.

In particolare, la norma prevede il rinvio al 28 febbraio 2019 del termine di trasmissione della comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute relative al terzo trimestre 2018 (che avrebbe dovuto essere inviata entro la fine del secondo mese successivo al trimestre e cioè entro il prossimo 30 novembre), unificando dunque tale scadenza con quella relativa alla trasmissione dei dati dell'ultimo trimestre dell'anno in corso.

 

L’art. 11, stabilisce che in caso di trasmissione semestrale, i dati dovranno essere inviati entro il prossimo 30 settembre, per il primo semestre del corrente anno, ed entro il 28 febbraio 2019, per il secondo semestre.

 

NB! - Non sono previste particolari modalità per optare per l'invio dei dati in questione con periodicità trimestrale o semestrale e, dunque, a tal fine pare sia valido il comportamento concludente osservato al riguardo.

 

Le disposizioni recate dall’art. 11 esplicano i loro effetti limitatamente alle comunicazioni dei dati delle fatture relative al 2018, posto che l'obbligo di trasmettere tali comunicazioni è stato eliminato (salvo future modifiche), a decorrere dal 1° gennaio 2019, dalla Legge di bilancio per il 2018 (Legge n. 205 del 2017), in concomitanza all'entrata in vigore dell'obbligo generalizzato di fatturazione elettronica.

 

Novità per gli agricoltori

Relativamente alla trasmissione dello spesometro, un emendamento approvato dalla commissione Finanze e Lavoro prevede l’esonero dalla stessa per i produttori agricoli in regime di esonero ai fini dell’Iva.

L’articolo 21 del Decreto Legge 78/2010 prevede l’esonero dalla trasmissione dei dati delle fatture emesse e registrate per i soli produttori agricoli in regime di esonero Iva, situati nelle zone montane di cui all’articolo 9 del DPR 601/1973.

Ricordiamo che le imprese agricole usufruiscono del regime di esonero dagli adempimenti Iva, se nell’anno precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 7mila euro e costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli compresi nella prima parte della tabella A, allegata al decreto Iva.

L’emendamento approvato dalle commissioni parlamentari, dispone l’esonero pieno per i produttori agricoli in regime di esonero con decorrenza dal 1° gennaio 2018.

Se l’emendamento verrà definitivamente convertito in legge gli agricoltori “minimi” non dovranno effettuare la comunicazione dei dati nemmeno per il primo semestre 2018 ancorché trascorso, entro il prossimo settembre.

 

Società sportive dilettantistiche

L’articolo 13 del decreto ha abrogato le disposizioni in materia di società sportive dilettantistiche lucrative e le relative agevolazioni fiscali previste (riduzione della metà dell’Ires).

In materia di Iva sono stati eliminati, tra le prestazioni soggette all’aliquota del 10%, i servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative nei confronti di chi pratica l'attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società.

Infine, sono stati abrogati i commi da 358 a 360 dell’articolo 1 L. 205/2017, che disciplinavano le collaborazioni coordinate e continuative nelle società ed associazioni sportive dilettantistiche.

 

Esonero dei professionisti dallo "Split payment"

Con l’articolo 12 del D.L. 87/2018 è stato reintrodotto il regime di esonero dal meccanismo della scissione dei pagamenti dei compensi per le prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o di acconto ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973, in particolare viene aggiunto il nuovo comma 1-sexies nell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972.

L'applicazione dello "split payment" anche alle prestazioni professionali era stata prevista dal D.L. n. 50 del 2017, con effetto dalle prestazioni fatturate dal 1° luglio 2017.

Per le operazioni soggette a tale meccanismo, il soggetto passivo cedente o prestatore, emetteva la fattura indicando il corrispettivo e la relativa Iva, il soggetto acquirente o committente era tenuto a corrispondere al prestatore il corrispettivo, ma non l'Iva, per la quale è debitore verso l'Erario.

 

NB!Il decreto 87/2018 in sostanza ripristina per le prestazioni professionali le ordinarie modalità di riscossione dell'Iva con riguardo alle prestazioni rese ai soggetti pubblici e privati indicati dall'art. 17 ter.

 

I soggetti che rendono le sopra indicate prestazioni, a decorrere dal 14 luglio scorso, non dovranno più emettere fatture con l'indicazione "scissione dei pagamenti"; ne consegue che i clienti saranno tenuti sia al pagamento dell'imponibile, che dell'Iva indicati in nella fattura.

In virtù della modifica normativa, è utile precisare che:

 

Compensazione degli importi iscritti a ruolo

Un altro emendamento che è stato approvato in sede di conversione del decreto “dignità” prevede anche per il 2018 la possibilità per imprese e professionisti, che vantano crediti con la Pa, di compensare i loro crediti con i debiti iscritti a ruolo.

La compensazione sarà possibile per le cartelle di pagamento i cui carichi sono stati affidati agli agenti della Riscossione entro il 31 dicembre 2017.

I contribuenti potranno compensare le cartelle di pagamento, per i carichi affidati alla Riscossione entro il 31 dicembre 2017, con i crediti non prescritti, maturati nei confronti della Pa e certificati, a condizione che la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.

Questa speciale compensazione è disciplinata dall’articolo 28-quater del D.P.R. 602/1973, il quale dispone che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

A tale fine le certificazioni dei crediti, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l’apposita piattaforma elettronica, sono usate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito.

L’estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell’esistenza e validità della certificazione.

Nei casi in cui la pubblica amministrazione non versi all’agente della riscossione l’importo oggetto della certificazione, entro sessanta giorni dal termine nella stessa indicato, l’agente stesso ne dà comunicazione ai ministeri dell’Interno e dell’Economia e l’importo oggetto della certificazione è recuperato mediante riduzione delle somme dovute dallo Stato all’ente territoriale a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi di riequilibrio o perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali. Dai recuperi sono escluse le risorse destinate al finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale.

 

Quadro Normativo

D.L. n. 87 del 12 luglio 2018

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