Nuovo modo di interlocuzione con l’Amministrazione Finanziaria
L’adempimento collaborativo noto anche come “cooperative tax compliance” viene introdotto nel nostro ordinamento tributario dal D.Lgs. 5.8.2015, n. 128 in attuazione della Legge delega 23/2014. Alla base di questo regime vi è un rapporto di trasparenza fra contribuenti ed Amministrazione finanziaria da realizzare attraverso la condivisione preventiva di aree fiscali di particolare rilevanza individuate tramite un sistema di rilevazione, misurazione, monitoraggio e gestione del rischio fiscale.
Il regime di adempimento collaborativo comporta l’assunzione di impegni sia per l’Agenzia delle Entrate sia per i contribuenti ammessi allo stesso, e risponde ad esigenze di certezza e di stabilità nell’applicazione della norma tributaria, nonché di riduzione del contenzioso. Un istituto di sicuro interesse per coloro che saranno ammessi al regime di adempimento collaborativo è il cosiddetto interpello “abbreviato”, uno strumento certo e veloce per comunicare con l'Agenzia.
In conformità alle raccomandazioni emanate dall’Ocse, il sopra citato decreto intende promuovere l’adozione di forme di interlocuzione e di cooperazione rafforzate tra l’Amministrazione finanziaria e le imprese basate sulla fiducia reciproca e sulla trasparenza. Ciò per prevenire l’insorgere di controversie di tipo tributario o comunque, di favorirne una rapida risoluzione.
I principi e i criteri di delega contenuti nell'articolo 6 della legge delega (Legge 23/2014) si pongono secondo le indicazioni dettate dall'Ocse relative ai modi e agli strumenti per migliorare e rafforzare il rapporto tra fisco e contribuente. Tale tipologia di rapporto si fonda su sette principi, di cui cinque rilevanti per le amministrazioni finanziarie (comprensione del business, imparzialità, proporzionalità, trasparenza, reattività e dinamismo) e due rilevanti per i contribuenti (comunicazione spontanea delle informazioni, trasparenza).
Le raccomandazioni dell'Ocse hanno già trovato pratico riscontro in diversi Paesi in cui sono stati adottati meccanismi di cooperative compliance, essenzialmente articolati in schemi basati su tipologie di accordi formalizzati in provvedimenti amministrativi e caratterizzati dall'adesione su iniziativa del contribuente. Nell'ambito di tale contesto si inserisce il D.lgs 128/2015 che introducendo il nuovo regime dell'adempimento collaborativo, delinea le finalità, i requisiti di accesso, i doveri delle parti, gli effetti, le competenze e gli aspetti procedurali.
Il decreto 128/2015 (art. 6, comma 2) istituisce per le imprese che sono ammesse al regime una speciale procedura di interpello preventivo detto abbreviato. Questo viene visto come strumento di interlocuzione tra imprese e Agenzia delle Entrate volto a dare certezza preventiva e in tempi brevi. Le modalità applicative di questa procedura sono state disciplinate dal decreto del Mef del 15 giugno 2016, che ha reso operativo l'interpello abbreviato.
La procedura abbreviata di interpello presenta, per molti aspetti, caratteri di specialità rispetto alla disciplina generale in materia di “diritto d’interpello”, prevista dall’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 212/2000), come modificato dal Dlgs 156/2015.
Anche se comunque viene collocato nel contesto generale degli interpelli, questo presenta specifiche previsioni che naturalmente derivano sia dai principi che ispirano il regime di adempimento collaborativo, sia dai doveri previsti dal Dlgs 128/2015.
L'analisi dei profili di interesse dell’interpello abbreviato anche in raffronto con la disciplina generale degli interpelli comprende:
l’oggetto dell’interpello e l’inserimento della procedura nell’ambito delle interlocuzioni tra fisco e impresa;
il contenuto e le cause di inammissibilità dell’istanza;
i termini previsti per l’istruttoria dell’istanza e per l’emissione della risposta;
i doveri di comunicazione del contribuente;
l’efficacia della risposta.
Il contribuente che viene ammesso al regime dell'adempimento collaborativo, nell'ambito delle interlocuzioni conseguenti all'accesso al regime, può appunto interpellare l'Agenzia delle Entrate per ottenere una risposta in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie relativamente a fattispecie concrete in relazione alle quali lo stesso contribuente ravvisa “rischi fiscali”.
Osserva – Si fa presente che per rischio fiscale (per come si evince dal decreto) viene inteso quel rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria, ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario.
Al di là della definizione del rischio fiscale, la normativa ha previsto che con la citata procedura, i contribuenti ammessi al regime di adempimento collaborativo possono presentare tutte le tipologie di interpello previste dall’articolo 11 della legge 212/2000.
Pertanto si potrà richiedere all’Amministrazione una risposta riguardante fattispecie concrete e personali che rientrino nel campo di applicazione dei diversi tipi di interpello previsti dalla normativa generale, ossia istanze di:
interpello ordinario “puro”;
interpello qualificatorio;
interpello probatorio;
interpello antiabuso;
interpello disapplicativo.
Nel disciplinare l’oggetto dell’interpello abbreviato, viene introdotto un importante elemento di originalità dell’istituto, collocando la presentazione dell’istanza di interpello “nell’ambito delle interlocuzioni conseguenti al regime”.
La richiamata previsione va letta in combinato con la disposizione che prevede che :
“nell’ambito dei doveri di trasparenza e collaborazione indicati all’art. 5 comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, è ricompresa la tempestiva comunicazione all’ufficio dei rischi per i quali il contribuente intende presentare l’istanza di interpello abbreviato”.
La previsione è coerente con la filosofia del regime di adempimento collaborativo e con i principi di collaborazione e trasparenza che si basano sullo scambio di informazioni tra Amministrazione fiscale e imprese.
La presentazione dell’istanza di interpello deve costituire un momento di formalizzazione di questioni già rappresentate nell’ambito dei rapporti conseguenti all’adesione al regime, in quanto l’Agenzia deve essere preventivamente messa nelle condizioni di conoscere le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali nell’ottica della collaborazione anche ai fini dell’emissione in tempi brevi della risposta.
Nell’istanza di interpello abbreviato devono essere presenti gli elementi previsti dall’articolo 4 del decreto del Mef, e che sostanzialmente sono quelli previsti dalla disciplina degli interpelli di cui all’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Nello specifico l'istanza deve contenere:
i dati identificativi del contribuente e del suo legale rappresentante compreso il codice fiscale;
la circostanziata e specifica descrizione del caso concreto in relazione al quale l'interpellante ravvisa rischi fiscali;
le specifiche disposizioni tributarie di cui si richiede l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione;
l'indicazione del domicilio e dei recapiti telematici del contribuente o dell'eventuale domiciliatario presso il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti la procedura;
la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell'atto, essa deve essere allegata allo stesso;
l'indicazione che si tratta di una istanza presentata ai sensi dell'art. 6, comma 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128 (adempimento collaborativo).
All'istanza di interpello è allegata copia della documentazione non in possesso dell'Agenzia delle Entrate o di altre amministrazioni pubbliche indicate dall'istante, rilevante ai fini della qualificazione della fattispecie prospettata, salva la facoltà di acquisire ove necessario, l'originale non posseduto dei documenti.
Tra gli elementi essenziali dell'istanza non viene annoverata la descrizione in (modo chiaro e univoco) della soluzione proposta dal contribuente. Si apre in tal modo la strada alla presentazione dell’interpello “aperto” (volto a richiedere all’Amministrazione una risposta su una questione rispetto alla quale lo stesso contribuente non ha individuato una soluzione ovvero il comportamento che intende adottare).
Un altro elemento di differenziazione rispetto alla disciplina generale degli interpelli riguarda l’istituto della regolarizzazione dell’istanza, in particolare rispondendo al principio di collaborazione, è previsto che tutti gli elementi che formano il contenuto dell’istanza, sono suscettibili di regolarizzazione, diversamente dalla disciplina generale secondo cui la mancanza di alcuni elementi quali, ad esempio, i dati identificativi dell’istante (o eventualmente del suo legale rappresentate) e la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie sono ad esempio annoverate tra le cause di inammissibilità.
Sempre nel rispetto dei principi di trasparenza e di certezza, l’articolo 6 del decreto del Mef individua un elenco tassativo delle fattispecie che determinano l’inammissibilità dell’istanza, molte delle quali derivano dalle caratteristiche proprie dell'adempimento collaborativo.
Sono ad esempio inammissibili le istanze che:
sono presentate da un contribuente non ammesso o escluso dal regime di adempimento collaborativo;
sono colpite da un provvedimento motivato di esclusione del contribuente dal regime di adempimento collaborativo;
sono presentate dopo la scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento degli altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima;
hanno ad oggetto il medesimo rischio fiscale sul quale il contribuente ha già ottenuto un parere, salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto sopravvenuti;
vertono su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell'istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza;
non sono connotate dalle obiettive condizioni di incertezza ai sensi dell'art. 11, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212;
non sono accompagnate dai dati che il contribuente è stato invitato a integrare entro il previsto termine di trenta giorni
L’Ocse ha più volte ribadito che uno dei “key point” è la capacità del Fisco di rispondere celermente alle esigenze dei contribuenti. Tale esigenza viene pienamente colta con la disciplina dell’interpello abbreviato in quanto prevede termini più ristretti rispetto alla disciplina generale, sia con riferimento alla fase di regolarizzazione dell’istanza, sia in fase di risposta.
L'ufficio competente deve verificare i requisiti dell'istanza di interpello abbreviato indicati dalla norma entro 15 giorni dal suo ricevimento, ed entro lo stesso termine è tenuto a invitare il contribuente alla sua regolarizzazione.
Si evidenzia che tale termine risulta dimezzato rispetto all’analogo termine previsto dalla disciplina generale dell’interpello, pari a 30 giorni (articolo 3, comma 3, D.lgs 156/2015).
Sempre nel rispetto dell’esigenza di ridurre i tempi di risposta da parte dell’Agenzia, è previsto che il parere scritto e motivato è notificato o comunicato in mani proprie al contribuente entro 45 giorni decorrenti dalla data di ricezione dell’istanza di interpello da parte dell’ufficio competente (ovvero da quella di ricezione dei dati carenti nell’ambito della fase di regolarizzazione).
In caso di mancata risposta entro il medesimo termine, si forma il “silenzio assenso” e dunque si deve ritenere che l’Amministrazione finanziaria condivida la soluzione prospettata dal contribuente, se indicata.
Nota bene - L’articolo 11 della legge 212/2000 prevede tempi ben più ampi ossia pari a 90 giorni per gli interpelli ordinario e qualificatorio, e pari a 120 giorni per tutti gli altri tipi di interpello.
Se infine non sia possibile fornire una risposta sulla base dei documenti allegati all'istanza, l’ufficio competente può chiedere al contribuente di integrare la documentazione una sola volta.
In tal caso, a differenza di quanto ordinariamente previsto dall’articolo 4, comma 1, del Dlgs 156/2015, il termine di 45 giorni si interrompe e ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa da parte dell’ufficio competente.
In merito agli effetti che la risposta all’interpello produce, sia in capo all’Amministrazione finanziaria sia nella sfera giuridica del contribuente (anche quando resa sotto forma di silenzio assenso), l’articolo 8 del Decreto del Mef ricalca più o meno quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, della legge 212/2000.
Ciò vale anche con riferimento all’eventuale rettifica della risposta resa da parte dell’Agenzia e in particolare, al coordinamento della nuova risposta rispetto a quella fornita in precedenza.
L’elemento di novità è da collegarsi alla possibilità (già vista) data al contribuente ammesso al regime di adempimento collaborativo di presentare l’interpello nella forma aperta (ossia, priva della soluzione proposta dal contribuente ovvero dell’indicazione del comportamento che si intende adottare).
Qualora l’Agenzia emetta la propria risposta oltre i termini, l’eventuale difformità tra la soluzione fornita nella risposta tardiva e il comportamento, tenuto dal contribuente dà luogo al recupero delle sole imposte e interessi, senza l’irrogazione delle relative sanzioni.
Ricordiamo che l'articolo 8 del decreto del Mef dispone che il contribuente comunichi tempestivamente all'ufficio competente se ha tenuto un comportamento non conforme al contenuto della risposta dell'Agenzia delle Entrate, inoltre lo stesso è tenuto a comunicare tempestivamente eventuali modifiche delle circostanze di fatto o di diritto sulla base delle quali è stata formulata la risposta.
Tali previsioni costituiscono un elemento di interesse dell'istituto dell'interpello abbreviato, che risulta anche coerente con quella che è la ratio dell'adempimento collaborativo evidenziando il rispetto dei doveri di trasparenza e collaborazione tra fisco e contribuente.
Quadro Normativo |
Legge n. 212 del 27 luglio 2000 Decreto Mef del 15 giugno 2016 Legge n. 23 dell'11 marzo 2014 Decreto legislativo n. 128 del 5 agosto 2015 Provvedimento Agenzia Entrate del 14.4.2016 |
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