La Cassazione, Seconda sezione civile, ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) contro una decisione della Corte di appello di Milano di annullamento di una propria delibera con cui erano state applicate agli esponenti aziendali di una banca delle sanzioni amministrative pecuniarie a seguito della riscontrata violazione delle norme sull'attività di intermediazione finanziaria.
I giudici di gravame avevano così statuito asserendo una mancata contestazione degli addebiti entro il termine fissato dall’articolo 195 del Decreto legislativo n. 58/1998 ed ossia entro 180 giorni dall’accertamento.
In proposito, la Corte di cassazione ha ricordato il proprio indirizzo interpretativo in relazione alla questione della decorrenza del termine di decadenza posto dall'articolo 195 citato, che sancisce l'applicabilità, anche nel campo delle violazioni di norme in materia di intermediazione finanziaria, dei predetti termini perentori a pena di estinzione dell'obbligazione nascente dalla trasgressione.
Nello specifico, per quel che riguarda le sanzioni amministrative citate, la Suprema corte ha spiegato che la decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti vada individuata nel giorno in cui la Banca d'Italia o la Consob in composizione collegiale, dopo l'esaurimento dell'attività istruttoria, siano in grado di adottare le decisioni di loro competenza.
Da considerare, quindi, che la pura “costatazione” dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l'”accertamento” in quanto nell'attività di regolazione e supervisione delle attività private, alcuni ambiti, come quello, appunto, dell'intermediazione finanziaria, richiedono valutazioni complesse, “non effettuabili nell'immediatezza della percezione dei fatti suscettibili di trattamento sanzionatorio”.
Questo non esclude che si debba procedere in un tempo ragionevole e che “in sede di opposizione il giudice, ove l'interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta, ma in quello in cui avrebbe potuto - e quindi dovuto – esserlo”.
Ad ogni modo, nella vicenda esaminata – ha concluso la Corte nel testo della sentenza n. 25730 del 30 ottobre 2017 – i giudici di merito si erano posti contro il principio secondo cui, ove siano disposte ulteriori verifiche rispetto a quelle che abbiano già permesso di acclarare gli elementi di fatto idonei alla contestazione poi effettuata, “non è consentito in sede di sindacato giurisdizionale entrare nel merito dell'opportunità degli atti di indagine medesimi, dovendo limitarsi il giudice a desumere l'ingiustificato ritardo non già dall'eventuale inutilità ex post, ma dalla “evidente superfluità” ex ante degli ulteriori accertamenti”.
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