Inefficacia dei pignoramenti immobiliari Covid, norma incostituzionale

Pubblicato il 05 aprile 2022

La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del Dl n. 137/2020, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 176/2020, nella parte in cui prevede che "È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto", vale a dire al 25 dicembre 2020.

La disposizione in esame, si rammenta, è contenuta tra le misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.  

Con essa è stata disposta l'inefficacia dei pignoramenti immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore se eseguiti nel periodo 25 ottobre - 25 dicembre 2020.

Con sentenza n. 87 del 4 aprile 2022, la Corte costituzionale ha giudicato fondate le questioni di legittimità sollevate dal Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale ordinario di Treviso, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Secondo il giudice rimettente, in particolare, la norma in esame avrebbe determinato una irragionevole disparità di trattamento tra i creditori che hanno notificato il pignoramento sugli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020 ed i creditori che hanno notificato lo stesso in una data precedente o successiva a quelle indicate, oltre ad aver pregiudicato la garanzia del credito, attesa l’impossibilità, nel predetto periodo, di pignorare l’abitazione del debitore.

La Corte costituzionale ha giudicato fondate tali questioni, dopo aver sinteticamente ricostruito il quadro normativo di riferimento.

In particolare, ha definito come "singolare" la presenza, nell’arco temporale di sospensione delle esecuzioni immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato, di un intervallo di due mesi in cui al regime della sospensione si aggiunge l’inefficacia degli atti della procedura (di cui alla norma censurata), la quale - si legge nella decisione - "in ragione di tale sovrapposizione, significa soprattutto inefficacia del pignoramento".

Violato il diritto alla tutela giurisdizionale 

Passando alla denunciata violazione del diritto alla tutela giurisdizionale, i giudici costituzionali hanno riconosciuto che la norma in esame ha compromesso, in via definitiva, il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari.

A seguito della declaratoria d'inefficacia, infatti, non si sono prodotti gli effetti di cui agli artt. 2913 e seguenti cod. civ., con conseguente opponibilità anche al creditore procedente, nonché ai creditori eventualmente intervenuti, degli atti di disposizione del bene posti in essere dal debitore dopo il pignoramento.

Tale opponibilità, per la Corte, non sarebbe rimediabile altrimenti, atteso che la produzione degli effetti di cui all’art. 2913 c.c. "è condizionata non solo al compimento del pignoramento, ma anche al suo permanere".

Il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva - viene ricordato dalla Consulta - costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall’art. 24 Cost. L’azione esecutiva è, invero, "fattore complementare e necessario dell’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore".

Bilanciamento diritti irragionevole

Secondo la Corte costituzionale, inoltre, la norma censurata, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, ha introdotto una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela. 

Il predetto diritto - ha precisato la Consulta - era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, prevista dall’art. 54-ter del Dl. n. 18/2020, oltre che dalla sospensione dell’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’immobile, contemplata dall’art. 103, comma 6, dello stesso decreto-legge.

Per i giudici costituzionali, ciò posto, il bilanciamento tra i diritti coinvolti è stato operato in maniera manifestamente irragionevole dal Legislatore, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale - l’inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare - che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva, oltre ad essere incompatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale.

Il difetto di ragionevolezza della disposizione censurata - ha continuato la Corte - è ancor più marcato se si considera la sua portata retroattiva relativamente a pignoramenti, già efficaci secondo la disciplina previgente, divenuti inefficaci ex post per effetto della disposizione censurata.

Attesa, in definitiva, la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, la Consulta ha tuttavia concluso con una precisazione: rimane fermo, nel periodo di riferimento, il regime di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore di cui al menzionato art. 54-ter del Dl n. 18/2020, come convertito e successivamente prorogato nella sua vigenza.

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