Vanno monetizzate le ferie maturate in corso di rapporto di cui non sia più possibile godere, specie quando risulti che il lavoratore non abbia rifiutato un’offerta datoriale di fruizione.
Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 7976 del 21 aprile 2020, pronunciata a conferma di una sentenza di merito con cui una Snc era stata condannata al pagamento di una somma, a titolo di indennità di ferie non godute, in favore degli eredi di un ex dipendente.
La società datrice, nell’impugnare tale decisione, aveva lamentato che il mancato godimento delle ferie non fosse a lei imputabile e che non spettasse alcuna indennità al lavoratore, al quale solo era riferibile la scelta di non beneficiarne.
A suo dire, si sarebbe potuta riconoscere, eventualmente, una somma a titolo di danno per mancata fruizione delle ferie; tale azione, tuttavia, non era stata esercitata dagli eredi e si era perciò prescritta.
Doglianze, queste, ritenute non fondate dalla Suprema corte, la quale ha ricordato come dal mancato godimento delle ferie, una volta divenuto impossibile per l’imprenditore adempiere all’obbligazione di consentirne la fruizione, anche senza sua colpa, derivi il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva.
Tale indennità ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica.
Per escludere il diritto del prestatore all’indennità sostitutiva – hanno spiegato gli Ermellini – è necessario che il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito incorrendo, così, in una situazione di “mora del creditore”.
E i giudici di merito, secondo la Suprema corte, si erano attenuti a questi principi.
In primo luogo, avevano ritenuto che l’indennità di ferie non godute non fosse collegata ad una responsabilità datoriale per la relativa mancata fruizione.
Nella specie, infatti, non era stato più possibile beneficiare delle ferie maturate in quanto il rapporto di lavoro era cessato a causa della morte del lavoratore.
In considerazione di questa impossibilità, non si poteva che procedere con la monetizzazione delle ferie, posto che non risultava nemmeno che il dipendente avesse rifiutato un’offerta datoriale di goderne.
La Corte territoriale, così decidendo, si era attenuta al disposto di cui all’art. 36 della Costituzione (che esclude la possibilità di rinunciare alle ferie), alla previsione secondo cui il diritto alle ferie non può essere sostituito dalla relativa indennità salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro nonché alla disposizione comunitaria ai sensi della quale solo per il caso di cessazione del rapporto di lavoro è possibile sostituire il diritto alle ferie con un’indennità.
Da qui il rigetto dei motivi di impugnazione della società datrice, con conferma della decisione di merito.
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