L’indennità di trasferta, erogata nell’ambito di un distacco transnazionale, entra a far parte del salario minimo previsto per il lavoratore. Unica eccezione per cui la predetta somma debba ritenersi separata rispetto al salario minimo è il caso del rimborso delle spese effettivamente sostenute per il distacco, come ad esempio le spese di viaggio, di vitto o di alloggio.
A precisarlo è la Corte di Giustizia UE, con la pronuncia dell’8 luglio 2021, sulla causa pregiudiziale C-428/19.
Nel caso di specie, i conducenti sostenevano che il loro salario, corrisposto da una ditta ungherese, fosse inferiore al minimo salariale previsto per gli autotrasportatori, applicato in Francia. Al contrario, il datore di lavoro eccepiva che il salario minimo era rispettato in quanto, oltre alla retribuzione oraria, ai lavoratori veniva corrisposta, per ogni ora, anche un’indennità di trasferta ed un premio per il risparmio del carburante.
Innanzitutto, il ragionamento della Corte parte dal principio secondo il quale la direttiva 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi tra Stati membri, è perfettamente applicabile anche alle prestazioni di servizi transnazionale nel settore del trasporto su strada.
Sul punto, il giudice comunitario ha affermato che il lavoratore distaccato, qualunque sia la legge applicabile al rapporto di lavoro, ha sempre il diritto di invocare e di far valere, dinnanzi ai giudici dello Stato membro tanto di origine quanto di destinazione, le disposizioni dello Stato membro ospitante, relative alle condizioni di lavoro e di occupazione, riferite ad alcune specifiche materie, tra le quali rientra anche il minimo salariale.
Per verificare se effettivamente fosse sussistente la violazione del salario minimo, la Corte ricorda che un’indennità debba essere qualificata come indennità specifica per il distacco, facente parte integrante del salario minimo, se non è versata ai lavoratori a titolo di rimborso di spese effettivamente sostenute a causa del distacco.
Nella vicenda in esame, l’indennità era forfetaria e progressiva in ragione della durata del distacco e, pertanto, secondo i giudici, non a copertura delle spese, ma, piuttosto dei disagi legati al distacco rappresentati dall’allontanamento dei lavoratori dal loro ambiente abituale.
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