Devono essere considerati indeducibili i costi di gestione di un immobile, sede di un’impresa, qualora il contratto scritto di comodato non sia registrato.
E’ quanto sostenuto dalla sentenza n. 18934 del 17 luglio 2018 della Corte di cassazione.
Nei fatti, l’agenzia delle Entrate ha proposto appello contro la decisone del giudice di appello che ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento nella parte relativa al disconoscimento dei costi di gestione della sede della ditta accertata. Secondo l’Amministrazione finanziaria tali costi non potevano considerarsi deducibili in quanto la prova dell’effettivo utilizzo derivava dal contratto di comodato non registrato e dalla dichiarazione di variazione Iva presentata dopo la consegna del Pvc con cui era stabilita retroattivamente una sede dell’attività presso quell’ufficio, che invece prima non era stata registrata.
I giudici della Corte di cassazione hanno ritenuto errato quanto affermato in sede di merito.
Infatti, il contratto di comodato dedotto in giudizio dal contribuente quale atto opponibile al Fisco, poteva avere rilevanza come prova di utilizzo dei locali se fosse stato dotato di data certa opponibile nei confronti dei terzi ex articolo 2704, codice civile.
Inoltre lo stesso contribuente aveva affermato che la data certa del contratto era desumibile da altri elementi documentali di riscontro, come la successiva variazione all’ufficio Iva ed i bilanci della comodante.
Il giudice di merito, nella sua pronuncia, non aveva tenuto in considerazione la disciplina dettata dall’art. 2704, c.c., né aveva motivato alcunché in ordine alla possibilità di superare l’insussistenza totale degli elementi alternativi dai quali il codice civile fa discendere, in assenza di registrazione, l’opponibilità dell’atto.
Con riferimento alla dichiarazione presentata all’ufficio Iva circa l’attivazione della sede dell’azienda, la sentenza 18934/2018 boccia nuovamente l’operato del giudice d’appello. Infatti, questo aveva convalidato l’efficacia probatoria di tale dichiarazione solo sulla base del fatto che era dotata, non per effetto di legge ma secondo la dichiarazione del contribuente, di efficacia retroattiva con decorrenza 5 anni prima.
Ma l’effettivo utilizzo della sede a decorrere da data anteriore non poteva probatoriamente affidarsi ad una dichiarazione di variazione presentata due anni dopo l’annualità in verifica, oltretutto dopo il processo verbale di constatazione nel quale si era operato il disconoscimento.
Da ciò emerge come la denuncia di variazione può valere solo per il futuro.
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