Come determinare l’importo dovuto a titolo di sanzione amministrativa per l’ipotesi di violazione amministrativa di cui all’art. 316-ter c.p., ossia dell’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato? A tale interrogativo ha risposto l’INL, con la nota n. 414 del 14 luglio 2020, stabilendo che il triplo del beneficio indebitamente conseguito rappresenta il tetto massimo per la sanzione amministrativa applicabile ai sensi dell’art. 316-ter c.p. e non può essere ulteriormente ridotto.
L’art. 316-ter c.p. dispone che chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.
Qualora la somma indebitamente percepita sia pari od inferiore ad euro 3.996,96, si applichi la sanzione amministrativa da un minimo di 5.164 euro ad un massimo di 25.122 euro; in ogni caso la stessa, nella sua concreta quantificazione, non può essere superiore al triplo del beneficio conseguito.
In ordine alle modalità applicative della sanzione, il Ministero del Lavoro aveva chiaramente precisato che l’importo della sanzione "ridotta" è pari:
Infatti, specifica l’INL, qualora si applichi il citato tetto sanzionatorio imposto ex lege, non può farsi ricorso ad un’ulteriore riduzione ex art. 16 L. n. 689/1981 della somma così determinata, in quanto il predetto meccanismo di quantificazione opera nella misura in cui, una volta ridotta la sanzione alla stregua del criterio di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981 ed effettuata la comparazione con la somma equivalente al triplo del beneficio conseguito illegittimamente, tale ultima somma risulti inferiore a quella derivante dall’applicazione di cui all’art. 16 citato.
Risulta, pertanto, evidente - conclude l’Ispettorato - che non possa trovare ulteriore applicazione la riduzione di cui all’art. 16.
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