E' incostituzionale negare qualsiasi beneficio penitenziario a chi è condannato all’ergastolo per aver causato la morte di una persona sequestrata a scopo di estorsione, terrorismo o eversione, prima che abbia scontato almeno 26 anni di detenzione.
Secondo i giudici della Corte costituzionale, la previsione di una preclusione assoluta è intrinsecamente irragionevole alla luce del principio stabilito dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione, ai sensi del quale le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
Sono, ossia, incompatibili, con il vigente assetto costituzionale, le previsioni che precludono in modo assoluto, per un arco temporale assai esteso, l’accesso ai benefici penitenziari a particolari categorie di condannati, in ragione soltanto della particolare gravità del reato commesso, ovvero dell’esigenza “di lanciare un robusto segnale di deterrenza nei confronti della generalità dei consociati”.
E’ così che, con sentenza n. 149 dell’11 luglio 2018, che è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 58-quater, comma 4, della Legge n. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui si applica ai condannati all’ergastolo per il delitto di cui all’articolo 630 del Codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato.
In via consequenziale, e per non creare disparità di trattamento, la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità della medesima previsione, nella parte in cui si applica ai condannati all’ergastolo per il delitto di cui all’articolo 289-bis del Codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".