In materia di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – da distinguere dall’ignoranza incolpevole del diritto – è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza e univocamente la norma giuridica da applicare.
Nello specifico, il potere dell’organo giudicante di dichiarare inapplicabili le sanzioni sussiste indubbiamente quando la disciplina normativa di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni di difficile coordinamento per l’equivocità del loro contenuto o quando si sia in presenza di un orientamento giurisprudenziale solo successivamente superato, a maggior ragione quando ciò avvenga a seguito di un intervento di interpretazione autentica.
Sono questi i principi richiamati dalla Sezione tributaria civile della Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 12798 del 26 giugno 2020, pronunciata nell’ambito di una controversia fiscale attivata da due contribuenti contro un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro connessa ad un atto di compravendita immobiliare.
La Suprema corte, in particolare, ha accolto i motivi con cui i ricorrenti lamentavano la non debenza delle sanzioni amministrative loro applicate alla luce dell’entrata in vigore di una legge di interpretazione autentica emessa, con efficacia retroattiva, dopo tre anni dalla stipula del rogito notarile.
Si trattava, nel dettaglio, di una norma emanata nel 2005 per dirimere un contrasto interpretativo esistente, in ordine allo strumento urbanistico al quale fare riferimento per valutare se un terreno fosse o meno edificabile.
Il giudice di secondo grado aveva applicato le sanzioni negando, implicitamente, le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della norma tributaria di riferimento, senza tenere conto del contrasto normativo e giurisprudenziale in oggetto.
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