Le Sezioni Unite civili di Cassazione si sono pronunciate nell’ambito di una vicenda giudiziaria che aveva visto l’ex sindaco di un comune siciliano condannato, dalla Corte dei Conti per la Regione Sicilia, al risarcimento, in favore del predetto Ente locale, dei danni derivanti dagli illegittimi conferimenti di numerosi incarichi a soggetti estranei all'Amministrazione comunale.
L’uomo aveva impugnato questo provvedimento dinanzi alla Sezione Giurisdizionale d'Appello della stessa Corte, deducendo un difetto di giurisdizione del giudice contabile per asserita invasione della sfera del "merito" riservata all'amministrazione, con conseguente superamento dei limiti esterni della giurisdizione.
L’organo giudicante in sede di gravame aveva rigettato questa eccezione preliminare e parzialmente riformato le statuizioni del primo giudice, confermando, in ogni caso, la sussistenza della responsabilità amministrativa patrimoniale dell’ex amministratore ma rideterminando la somma dovuta a titolo di risarcimento, in considerazione della decurtazione delle spese dovute per alcuni degli incarichi esterni conferiti ritenuti legittimi.
Da qui il ricorso in Cassazione dell’ex sindaco ai sensi dell’articolo 362 c.p.c., nel quale veniva riproposta la questione di giurisdizione già precedentemente formulata.
Censura ritenuta infondata dal massimo Collegio di legittimità, secondo cui l’articolo 1, comma 1, della Legge. n. 20/1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti) - ai sensi del quale, nel giudizio di responsabilità amministrativa, al giudice contabile è posto il divieto di sindacare nel merito le scelte discrezionali dell'amministrazione – non può essere interpretato nel senso che l'azione discrezionale dell'amministrazione non sia sottoposta al vaglio di alcun parametro normativo, di modo che la stessa si trasformi in espressione di puro "arbitrio".
Perché l'azione dell'amministrazione sia legittima è, infatti, necessario che la stessa non si ponga in contrasto con la normativa di riferimento, dalla quale si ricava il consolidato principio secondo il quale “il conferimento di incarichi a soggetti estranei all'amministrazione è consentito solo nei casi previsti dalla legge o in relazione ad eventi straordinari, ai quali non si possa far fronte con la struttura burocratica esistente”.
Questo senza contare che l'azione amministrativa deve conformarsi ai canoni di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia, diretto corollario del principio di rango costituzionale del "buon andamento" sancito dall'articolo 97, comma 2, della Costituzione.
Principi, questi, che - ha ricordato il Supremo Collegio - costituiscono una regola di legittimità dell'azione amministrativa, “la cui osservanza può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, nel senso che lo stesso comporta il controllo della loro concreta applicazione, essendo lo stesso estraneo alla sfera propriamente discrezionale", assumendo, dunque, rilevanza “sul piano della legittimità e non della mera opportunità dell'azione amministrativa”.
E nella specie, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 29920 del 13 dicembre 2017, hanno ritenuto che il sindacato del giudice contabile era da ritenere conforme al dettato normativo, in quanto con lo stesso non era stata compiuta una scelta di opportunità tra diverse soluzioni possibili, ma era stata giudicata la legittimità dei provvedimenti di conferimento di incarichi esterni secondo il paramento normativo rappresentato dalle disposizioni vigenti in materia e dai principi di rango costituzionale conformatori dell'attività amministrativa.
In definitiva, il principio di insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali non preclude al giudice contabile di esaminare l'operato della pubblica amministrazione con riferimento ai parametri dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità.
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