In discussione il diritto del gay ad avere la patente? E' discriminazione

Pubblicato il 23 gennaio 2015 Subisce una grave discriminazione sessuale colui che viene convocato dalla motorizzazione per la revisione della patente di guida, solo perché alla visita di leva aveva dichiarato la sua omosessualità.

Ha così disposto la Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con sentenza n. 11026 depositata il 22 gennaio 2015, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.

La vicenda da cui prende le mosse la pronuncia in questione riguarda un uomo che, durante una visita di leva presso l’Ospedale militare, aveva confessato di essere gay.

A seguito di tale dichiarazione, si era poi visto convocare dalla motorizzazione civile per una nuova visita ai fini della revisione della patente, essendo in dubbio la sussistenza dei suoi requisiti psico – fisici per la guida.

L’uomo conveniva in giudizio, pertanto, entrambe le amministrazioni coinvolte nella vicenda (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero della Difesa), chiedendo loro una somma a titolo di risarcimento, per aver subito, a causa della loro condotta, una palese discriminazione sessuale, nonché violazione della privacy.

Il Tribunale accoglieva dapprima la domanda, mentre la Corte d’Appello solo in parte, disponendo una notevole diminuzione del risarcimento accordato in primo grado.

Ciò poiché – riteneva la Corte territoriale - il danno lamentato dall’attore si sarebbe risolto nella mera apertura di una nuova procedura per la revisione della patente mediante convocazione alla visita medica.

La Corte di Cassazione viceversa, nella pronuncia in questione, ha ritenuto del tutto erroneo tale ridimensionamento delle sofferenze subite.

La discriminazione sessuale va ampiamente risarcita

Il comportamento delle due amministrazioni infatti, secondo i giudici di legittimità, ha gravemente offeso ed oltraggiato la personalità dell’uomo in uno dei suoi aspetti più sensibili, ovvero, l’espressione della sua identità sessuale; espressamente ascritta, tra l’altro, nel novero dei diritti inviolabili della persona ex art. 2 della Costituzione e tutelata ormai da tempo anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
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