Imputare i ricavi pluriennali negli esercizi sbagliati non è dolo

Pubblicato il 17 dicembre 2012 Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 4556 del 9 novembre 2012, sancisce che non costituisce dolo e, quindi, non è condannabile l'amministratore di una società che non imputa nell’esercizio di competenza i ricavi derivanti da opere, forniture e servizi di durata pluriennale, nel caso in cui i corrispettivi vengano dichiarati e le imposte vengano versate nell’anno di completamento della commessa.

Nel ricostruire i fatti, era venuto alla luce che la mancata imputazione dei ricavi negli esercizi di competenza era da attribuire ad un semplice errore dell’amministratore. Quest’ultimo aveva dichiarato i ricavi al completamento delle opere pluriennali e prima che la violazione venisse constatata aveva, comunque, provveduto a versare l’intera imposta dovuta.

Per tali ragioni, l’amministratore non risponde del reato di “dichiarazione infedele”, di cui all’articolo 4 del Dlgs 74/2000 e non può essere condannato penalmente per l'omessa annotazione, nell'anno di competenza, dei ricavi, che - come previsto dal Tuir – dovevano invece essere imputati nell’esercizio in cui erano maturati per concorrere alla determinazione della base imponibile.

Pertanto, il Tribunale ha concluso che: l’assolvimento spontaneo e integrale dell’obbligazione tributaria, anche se in un periodo diverso da quello previsto dalla legge, fa desumere la mancanza di dolo e dunque, fa venire meno i presupposti soggettivi per l’applicazione della pena dovuta in caso di evasione fiscale. Per il giudice, infatti, gli elementi penalmente rilevanti che possono far scattare la condanna - seppure il comportamento dell’amministratore ne avesse integrato i presupposti – non sono sufficienti, mancando l’oggetto del dolo specifico previsto per i delitti tributari.
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