La direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, e, in particolare, i suoi articoli 12, 14, 31 e 46, letti alla luce dell’articolo 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretata nel senso che non osta a che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata, respinga detto ricorso senza procedere all’audizione del richiedente.
Questo, “qualora le circostanze di fatto non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione” e a condizione che:
E’ quanto si desume dal testo della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia Ue il 26 luglio 2017, nell’ambito della causa C-348/16, concernente la domanda di pronuncia pregiudiziale avanzata dal Tribunale di Milano, in un procedimento tra un cittadino del Mali e la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano.
La domanda verteva sull’interpretazione degli articoli 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32/UE citata.
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