In tema di imposta di successione, ex D.Lgs. 31 dicembre 1990 n. 346, art. 16, comma 1, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società comprese nell'attivo ereditario, occorre aver riguardo all'attivo del patrimonio netto delle stesse, che risulti dalla redazione dell'ultimo bilancio approvato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato.
E' detto valore, infatti, ad essere vincolante sia per il contribuente che per l'amministrazione finanziaria, alla quale è consentito procedere all'eventuale attualizzazione delle poste attive e passive espresse nel medesimo bilancio, se ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell'ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morte del socio.
E' quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, con sentenza n. 25007 depositata l'11 dicembre 2015, accogliendo il ricorso dell'Agenzia delle entrate contro gli eredi del fondatore di una nota casa di moda.
Oltretutto, ribadiscono gli ermellini, il criterio di valutazione sopra enunciato – onde cioè determinare l'attivo ereditario – è normativamente imposto (D.Lgs. 346/1990) e come tale, non ammette correttivi non altrettanto supportati.
Ne consegue che – contrariamente a quanto nella specie ritenuto dalla commissione tributaria – la base imponibile relativamente a titoli, azioni e quote sociali, non può essere determinata, ove risultino valori di bilancio regolarmente approvati, assumendo come criteri di computo, distinte risultanze tratte da documenti diversi (come nel caso in esame, l'asserito ulteriore "bilancio infrannuale"non regolarmente redatto e approvato secondo le ordinarie regole di diritto societario).
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