Vanno assolti dal reato di bancarotta per operazioni dolose, gli amministratori di un'attività commerciale (Multisala) poi fallita, se gli stessi hanno agito e si sono impegnati al fine di risanare il dissesto.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, parzialmente accogliendo il ricorso dell’amministratore di una Multisala, avverso la propria condanna in appello (assieme alla moglie), per reato di bancarotta per operazioni dolose, in seguito seguito della chiusura dell’attività,
Secondo la Suprema Corte, nella specie, i giudici territoriali non hanno adeguatamente argomentato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in esame, sulla base delle ragioni che hanno poi portato alla chiusura della Multisala. Ed invero detta chiusura è stata determinata – sottolinea la quinta sezione - da una molteplicità di motivazioni concorrenti, alcune delle quali sfuggivano alla determinazione, alla previsione ed alla volontà degli stessi imputati.
Anzi, questi ultimi hanno piuttosto allegato una serie di circostanze atte a dimostrare la loro volontà di portare proficuamente a termine le operazioni commerciali intraprese per il “salvataggio” della Multisala, senza ottenere sul punto adeguata e motivata risposta da parte della Corte distrettuale.
Peraltro l'ampliamento della metratura per i locali commerciali, se da un lato denota la commissione di irregolarità amministrative se non addirittura di reati edilizi, dall'altro evidenzia tuttavia la volontà di massimizzare il profitto complessivamente ricavabile, con intenzione certamente non diretta a cagionare con dolo il fallimento della società.
La Corte d’appello – conclude la Cassazione con sentenza 533 del 5 gennaio 2017 – dovrà dunque interrogarsi, in sede di rinvio, circa le reali intenzioni iniziali e successive degli imputati, in relazione alla loro consapevolezza di porre in essere condotte volte a cagionare la decozione dell’attività poi fallita.
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