La Cassazione ha confermato la decisione di rigetto dell’opposizione avanzata da una società contro due cartelle esattoriali che le erano state notificate per il pagamento di crediti contributivi rivendicati dall'INPS.
Queste erano basate su un verbale ispettivo in cui si era ritenuto che, per alcuni lavori svolti in appalto, vi fosse stata un'illecita intermediazione di manodopera rispetto ai dipendenti utilizzati, sicché la contribuente era stata ritenuta responsabile del pagamento dei corrispondenti contributi previdenziali.
La società contribuente aveva fatto ricorso contro la decisione di secondo grado, di conferma delle cartelle opposte, lamentando che il convincimento della Corte territoriale era fondato su questo verbale ispettivo da ritenere “generico” nonché “contenente affermazioni apodittiche di fatti non avvenuti alla presenza degli accertatori e rimasto privo di una valutazione critica da parte della Corte”.
Impugnazione giudicata infondata dalla Suprema Corte, la quale, con sentenza n. 20820 del 20 agosto 2018, ha confermato le conclusioni di merito, facendo appello al principio già enunciato in sede di legittimità, secondo cui il verbale ispettivo “costituisce senza dubbio materiale istruttorio utilizzabile, anche rispetto a fatti non percepiti direttamente dagli accertatori: in tali ambiti esso non è munito di efficacia fino a querela di falso, ma costituisce pur sempre documento liberamente valutabile dal giudice, in concorso con altri elementi probatori”.
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