Il rifiuto alla consegna non può riguardare solo il cittadino italiano

Pubblicato il 25 giugno 2010
Per la Consulta – sentenza n. 227 del 24 giugno 2010 – è incostituzionale la norma contenuta nell'articolo 18, comma 1, lettera r) della Legge 69/2005 di recepimento della decisione quadro 2002/584/Gai sul mandato di arresto europeo, nella parte in cui riconosce il diritto di rifiuto alla consegna unicamente al cittadino italiano e non a quelli di altri Paesi membri che abbiano residenza o dimora nel territorio italiano.

I giudici costituzionali, richiamando l'interpretazione della ratio della decisione quadro in esame operata dalla Corte di giustizia, hanno sottolineato che “il criterio per individuare il contesto sociale, familiare, lavorativo e altro, nel quale si rivela più facile e naturale la risocializzazione del condannato, durante e dopo la detenzione, non è tanto e solo la cittadinanza, ma la residenza stabile, il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di quel «radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia» che costituisce la premessa in fatto delle ordinanze di rimessione”. 

Attraverso l'utilizzo del solo criterio della cittadinanza ed escludendo qualsiasi verifica in ordine alla sussistenza di un legame effettivo e stabile con lo Stato membro dell’esecuzione, la norma impugnata tradirebbe “non solo la lettera, ma anche e soprattutto la ratio della norma dell’Unione europea alla quale avrebbe dovuto dare corretta attuazione”. 

Nel testo della sentenza viene altresì precisato come, alla luce dell'illegittimità della disposizione impugnata, all'autorità giudiziaria competente spetti il compito di “accertare la sussistenza del presupposto della residenza o della dimora, legittime ed effettive, all’esito di una valutazione complessiva degli elementi caratterizzanti la situazione della persona, quali, tra gli altri, la durata, la natura e le modalità della sua presenza in territorio italiano, nonché i legami familiari ed economici che intrattiene nel e con il nostro Paese, in armonia con l’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea”.
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