Il medico lavoratore dipendente che svolge solo occasionalmente prestazioni libero-professionali, conseguendo proventi che si qualificano come redditi diversi, non può essere considerato soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto. A precisarlo è l’agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 42 del 12 marzo 2007, che ribadisce inoltre l’imponibilità a Iva delle prestazioni di medicina legale. Secondo il Fisco, dunque, il medico dipendente della Asl che intende effettuare solo in via occasionale prestazioni medico-legali, dietro una specifica autorizzazione dell’ente, non è tenuto ad aprire la partita Iva. Il principio muove dalla considerazione che se l’attività di consulenza medico-legale è svolta in maniera occasionale, i redditi che ne derivano sono da considerarsi come redditi diversi ai sensi dell’articolo 67 del Tuir, in quanto si tratta di compensi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitati abitualmente, per cui sono esclusi dall’Iva. Se, invece, l’attività di consulenza fosse resa all’autorità giudiziaria, nell’ambito del procedimento penale, essa costituirebbe esercizio di pubblica funzione, per cui i relativi compensi dovrebbero essere assimilati ai redditi di lavoro dipendente e di conseguenza vanno assoggettati all’Iva del 20%.
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