Il giudice tributario frena il Fisco sul raddoppio dei termini

Pubblicato il 11 ottobre 2011 La Ctp Milano, con la sentenza n. 231/11 depositata il 26 settembre 2011, interviene a chiarire che il Fisco non è legittimato a fruire del raddoppio dei termini con la mera enunciazione nell’accertamento o nel Pvc dell’inoltro della denuncia penale alla procura della Repubblica. Invece, l’Ufficio deve fornire elementi utili al giudice tributario per vagliare l’eventuale uso pretestuoso e strumentale della normativa.

La legittimità costituzionale della normativa che dispone il raddoppio dei termini per l’accertamento tributario in presenza di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia, ex articolo 331 del codice di procedura penale, è riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 247 depositata il 25 luglio 2011.

La prova della sussistenza dei requisiti per l’applicabilità del raddoppio dei termini, secondo i dettami della Consulta, è a carico del Fisco: “in presenza di una contestazione sollevata dal contribuente, l’onus probandi della sussistenza di detti presupposti è posto a carico dell’Amministrazione finanziaria, dovendo questa giustificare il più ampio potere accertativo attribuitole dalla legge” (commi 24 e 25 dell’articolo 37 del decreto legge 223/2006).
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