Pare incapace lo Statuto dei lavoratori, che da oltre trent’anni delimita i controlli sui lavoratori, a contenere la proliferazione di innovazioni tecnologiche in grado di verificare a distanza l’attività lavorativa. Il ministero del Lavoro torna perciò a prestare sempre maggiore attenzione al fenomeno. L’ultimo intervento in ordine di tempo riguarda la risposta ad un interpello – nota protocollo n. 25/1/218 del 6 giugno 2006, proposto dall’Abi. In tale occasione, il Ministero ha affermato come anche da un apparecchio destinato alla verifica dei costi del servizio telefonico possa scaturire una illegittima compressione della libertà del lavoratore da indebiti controlli.
Sebbene la legge vieti l’uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti di verifica a distanza dell’attività lavorativa (articolo 4, legge 300/1970) il divieto concerne, in realtà, i controlli diretti sulla prestazione, mentre non sono in assoluto esclusi gli impianti da cui derivi comunque un controllo a distanza del dipendente, purché, certo, sussista un provato interesse dell’organizzazione aziendale ad operare principalmente riscontri su azienda e produzione. Allo scopo, le imprese adducono reali necessità dietro cui si celano pericoli di elusione delle norme se si considera che gli strumenti di controllo indiretto oramai non si contano più.
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