I commercialisti chiedono più chiarezza sulla responsabilità dei revisori

Pubblicato il 03 aprile 2010

Il dibattito sul decreto legge sulla revisione contabile continua ad accendersi non senza evidenziare alcune problematiche di fondo. Nello specifico, si è osservato che soprattutto nei casi in cui l’attività di revisione è affidata al collegio sindacale emergono alcuni interrogativi che riguardano i dottori commercialisti e gli esperti contabili.

Ad alimentare le polemiche non è tanto quello che il decreto 39/2010 dispone, ma, piuttosto, quello che in sede di stesura del provvedimento è stato trascurato di specificare.

Il fatto di aver voluto estendere anche alle Pmi i principi internazionali di revisione rischia, se non accompagnata da una successiva fase di semplificazione, di aggravare enormemente l’attività di controllo per le piccole realtà locali.

D’altro canto, invece, l’aver voluto estendere anche a chi fa revisione l’obbligo di rispettare i principi internazionali e i sistemi di controllo di qualità sul loro operato qualifica l’attività di chi esercita professionalmente la revisione contabile (come per esempio i dottori commercialisti) rispetto a chi esercita l’attività in modo episodico.

Analizzando, però, questa novità alla luce degli altri aspetti dell’attività di revisione che il decreto ha ignorato, appare evidente come il tutto si traduca in criticità. Nello specifico, secondo l’autorevole opinione di Claudio Siciliotti, presidente del Cndcec, l’aspetto trascurato è quello che riguarda la disciplina della responsabilità patrimoniale dei professionisti che siedono nei collegi sindacali e di quelli che operano come revisori. Sull’argomento non è intervenuta alcuna specificazione, nonostante gli inviti fatti dalla Ue, lasciando così il ruolo di sindaco e di revisore su elevati livelli di pericolosità.

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