Assonime spiega l’attuale regime delle holding industriali o commerciali sugli interessi passivi. Con esso i dubbi intorno ai nuovi limiti di deducibilità per istituti bancari e assicurativi che andranno applicati nella determinazione del valore della produzione Irap.
Il dl 112/2008 prevede la deduzione Ires degli interessi passivi al 96% per banche, assicurazioni, capogruppo di gruppi bancari e assicurativi e soggetti finanziari disciplinati all’articolo 1 del dlgs n. 87/1992, diversi dalle società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quella creditizia o finanziaria. Esclude, quindi, le holding industriali o commerciali, le quali applicano i criteri di deducibilità come imprese non finanziarie.
Per le plusvalenze realizzate da persone fisiche non in regime di impresa, le disposizioni fanno valere il principio di cassa: se il corrispettivo di una cessione quote viene dilazionato, nell’anno dell’incasso, anche la plusvalenza detassata deve determinarsi proporzionalmente alla parte di corrispettivo percepita nell’esercizio. La circolare Assonime 50 del 7 agosto afferma che questo meccanismo di esenzione a scalgioni non dovrebbe interferire con la condizione temporale di applicabilità del vantaggio fiscale, vale a dire con il callcolo del periodo di possesso della partecipazione ceduta (tre anni almeno) e di anzianità (non più di sette anni). Secondo Assonime si potrebbe ritenere che i due anni decisi per l’effettuazione del reinvestimento della plusvalenza detassata siano da computare a partire dalla percezione del corrispettivo. In questo modo, in presenza di una rateizzazione di incassi, il limite dei due anni dovrebbe essere applicato in relazione a ciascuno.
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