Scatta da oggi l’obbligo per i lavoratori di esibire il green pass, ossia il cd. “certificato verde”, all’ingresso di qualsiasi luogo di lavoro. L’obbligo, che ha una validità fino al 31 dicembre 2021, vale non solo per i lavoratori subordinati, ma anche autonomo, collaboratore e libero professionista che accede al sito.
Difatti, il delegato dal datore di lavoro (o una macchina elettronica) chiede di esibire il certificato verde: se il controllo va a buon fine, il lavoratore entra e la giornata di lavoro prosegue normalmente o almeno fino a quando è valido il suo green pass. Può succedere, infatti, che nel corso della giornata il certificato perda di validità. Tale ipotesi si può verificare se è stato ottenuto non attraverso la vaccinazione, ma tramite un tampone che ha una validità predefinita (48 o 72 ore, secondo la tipologia).
Vediamo come gestire le diverse situazioni che si possono verificare.
Laddove un lavoratore si presenta all’ingresso del luogo di lavoro senza green pass, deve essergli impedito l’accesso. Chi controlla segnala il fatto all’ufficio del personale, che registra l’assenza ingiustificata e provvede alla sospensione dalla retribuzione.
Tale situazione permane fino al giorno in cui lo stesso lavoratore si ripresenta con un green pass valido: da quel momento, si interrompe l’assenza ingiustificata e riprende il decorso della retribuzione
Può capitare che il green pass non sia ancora valido. Questa ipotesi avviene a chi ha fatto la prima dose di vaccino da meno di quindici giorni: ha già in mano la certificazione verde, la cui validità però decorre successivamente. Per non perdere tutta la giornata lavorativa deve effettuare un tampone e ritornare con l’esito negativo.
Esistono due casi in cui i lavoratori possono accedere senza green pass:
No ai tamponi gratuiti, sì a prezzi abbassati. Il Governo sta ragionando su un credito di imposta a favore delle imprese che si fanno carico del costo dei tamponi o per i Dpi, mentre sembra più difficile la riedizione del bonus sanificazione.
L’ipotesi allo studio è di rifinanziare il credito d’imposta del 30% sui dispositivi di protezione individuale che include anche il costo sostenuto dalle imprese per i test antigenici e molecolari. Il bonus introdotto nella fase più critica della pandemia nel 2020 è stato rifinanziato la scorsa estate con 200 milioni di euro per coprire i costi sostenuti nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021, ossia i primi tre mesi di riaperture delle attività. L’idea di base è quella di rifinanziare il credito d’imposta e consentire così alle imprese di spendere rapidamente in compensazione l’agevolazione, abbattendo così imposte e contributi dovuti.
Il possesso del green pass diventa da oggi necessario anche per il diritto a malattia, maternità, assegni per il nucleo familiare e cassa integrazione. Da oggi al 31 dicembre, infatti, i lavoratori privi di “certificazione verde” sono “assenti ingiustificati” al lavoro e, come tali, non godono di alcun diritto né tutela garantiti dal rapporto di lavoro, eccetto quello della conservazione del posto di lavoro.
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