Gravi violazioni con auto di servizio, giusta causa di licenziamento

Pubblicato il 14 aprile 2021

E’ stata definitivamente rigettata l’impugnazione promossa da un lavoratore nei confronti del licenziamento disciplinare per giusta causa intimatogli dalla Spa, datrice di lavoro.

La Corte di cassazione ha confermato la statuizione con cui la Corte d’appello aveva riscontrato la gravità del comportamento posto in essere dal dipendente e la proporzionalità della sanzione espulsiva comminatogli.

A questi, era stato contestato di aver gravemente violato le norme di sicurezza stradale, mentre si trovava alla guida dell'auto di servizio e di aver reagito al controllo degli agenti della Polizia Stradale cercando di convincerli a non elevare la contravvenzione e poi di intimidirli.

La condotta era stata realizzata adducendo inesistenti ragioni di servizio che avrebbero giustificato la violazione del dipendente, il quale aveva anche utilizzato il nome della società datrice a propri fini utilitaristici.

L'accertamento di tale fatto, oggetto della contestazione di addebito disciplinare, aveva integrato, secondo i giudici di gravame, i presupposti della giusta causa di licenziamento, in quanto nozione legale non tipizzata dalle previsioni soltanto esemplificative del CCNL applicato, avendo comunque la società fatto anche riferimento, nella comunicazione del licenziamento, all'art. 220 CCNL del 1° luglio 2013 dei dipendenti del settore terziario.

Il lavoratore si era quindi rivolto alla Corte di legittimità, lamentando un’erronea applicazione della sanzione espulsiva ed una non corretta sussunzione del fatto storico nell'ipotesi di notevole inadempimento.

Licenziamento per giusta causa, valenza tipizzazione nel CCNL

Doglianze che la Corte di cassazione, con sentenza n. 9304 del 7 aprile 2021, ha giudicato entrambe infondate.

Secondo gli Ermellini, infatti, la Corte di gravame aveva correttamente qualificato il licenziamento di specie come “per giusta causa” ed aveva adeguatamente operato il procedimento di sussunzione, non incorrendo nel vizio lamentato, consistente nell'erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina.

Con l’occasione, la Suprema corte ha ribadito come, nell'accertamento della sussistenza o meno della nozione legale di giusta causa, il giudice non sia soggetto ad alcun vincolo derivante dalla tipizzazione contrattuale collettiva di "giusta causa".

Essa – ha continuato la Cassazione – ha “una valenza meramente esemplificativa, non preclusiva della sua valutazione in ordine all'idoneità di un grave inadempimento, o di un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, all'irreparabile rottura del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore”.

E’ ben possibile, ossia, che l’organo giudicante faccia riferimento alle valutazioni delle parti sociali di gravità di determinate condotte come espressive di criteri di normalità, dovendo appunto "tenerne conto".

Questo, con il solo limite “di non potere, qualora un determinato comportamento del lavoratore addotto dal datore di lavoro a giusta causa di licenziamento sia previsto dal contratto collettivo integrare una specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, farne oggetto di un'autonoma valutazione di maggior gravità”.

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