Qualsiasi introito che l'istante percepisce con caratteri di non occasionalità confluisce nel formare il reddito personale, ai fini della valutazione del superamento del limite di ammissibilità al gratuito patrocinio.
Alla base dell'accertamento degli effettivi redditi percepiti dall'istante, del resto, vi è l'esigenza di autorizzare il trasferimento allo Stato di una spesa (di difesa tecnica) che la parte da sola non riesce a sostenere, così facendo appello alla solidarietà della collettività.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione con sentenza n. 28810 del 5 luglio 2023, nel pronunciarsi in una vicenda in cui l'ammissione al gratuito patrocinio di un imputato era stata revocata a seguito di un'informativa dell'Agenzia delle Entrate che aveva rilevato, per gli anni 2020 e 2021, la percezione, da parte dell'istante, di redditi superiori al limite consentito.
L'uomo si era rivolto agli Ermellini lamentando la mancata considerazione che il reddito tipizzato dalla normativa di riferimento è costituito dal reddito imponibile ai fini Irpef, depurato da deduzioni e detrazioni.
Non era stato considerato, in altri termini, che, al netto degli oneri deducibili, il reddito del suo nucleo familiare era ben al di sotto della soglia di legge e ciò risultando, dalle certificazioni uniche riferibili al nucleo familiare medesimo, oneri deducibili dal reddito che, a suo dire, avevano ridotto l'importo dell'imponibile sotto il limite previsto dalla legge per l'ammissione al gratuito patrocinio.
Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Suprema corte.
L'art. 76 del DPR n. 115/2002 - osservano gli Ermellini - nell'indicare le condizioni di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fa riferimento sia al reddito imponibile ai fini dell'imposta personale risultante dall'ultima dichiarazione, sia ai redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.
Ebbene, secondo la Consulta e il prevalente orientamento di legittimità, il richiamato art. 76 non può essere letto secondo le categorie del diritto tributario.
Esso - continua la Corte - va inquadrato nel differente sistema delle regole sottese all'intervento dello Stato a garanzia della difesa in giudizio dei non abbienti a fronte della quale l'accertamento della condizione di " non abbiente" deve attingere, giocoforza, a categorie per cui rilevi l'accertamento degli introiti effettivi del richiedente, tali da consentire o meno la possibilità di affrontare le spese di un giudizio.
In altri termini, il concetto di reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito non può essere inquadrato nel concetto tecnico proprio del sistema del diritto tributario, ma deve essere letto alla luce della differente ratio che governa l'intervento dello Stato nell'assicurare il patrocinio ai non abbienti.
Così, nella determinazione del reddito, da valutarsi ai fini dell'individuazione delle condizioni necessario per l'ammissione al gratuito patrocinio, non si può tener conto di detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore.
Si tratta - precisa la Cassazione - di poste finalizzate alla determinazione concreta dell'imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento il TU in tema di spese di giustizia, il quale intende dare rilevanza al reddito lordo ed anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell'istante.
Il ricorso del richiedente, in definitiva, andava rigettato.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".