Potrebbe essere introdotto il pagamento a carico di coloro che intendono chiedere un chiarimento all’Agenzia delle Entrate: la possibilità è contenuta nella bozza di legge delega sulla riforma fiscale di cui è stata annunciata la discussione in Consiglio dei Ministri prima della fine del mese di marzo.
Dunque, i contribuenti che interpellano l’Agenzia delle Entrate per avere una consulenza sulla correttezza o meno dei propri passi in materia fiscale potrebbero essere soggetti a pagare un contributo.
Come si è arrivati a tale decisione? L’altissimo numero di interpelli giunti al Fisco: solo nel 2022 tra richieste alle direzioni regionali e quelle alle direzioni centrali sono state evase oltre 17mila pratiche. Un impegno oneroso, ha detto il Direttore Ruffini, per il personale dell’Agenzia.
Da qui l’inserimento nella bozza del Ddl dell’articolo 4 ai sensi del quale si prevede una razionalizzazione della disciplina degli interpelli attraverso varie modalità:
Si precisa che l’ammontare sarebbe graduato in base a diversi fattori:
Le somme che andranno nelle casse dell’Agenzia dovranno essere utilizzate per finanziare le attività di specializzazione e formazione professionale continua del personale al servizio dei contribuenti.
Nel testo si legge anche che gli interpelli saranno limitati - per quanto riguarda persone fisiche e contribuenti di minori dimensioni - a questioni che non possono trovare risposta attraverso il ricorso a mezzi di interlocuzione rapida (faq) “anche attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale”.
A caldo, le prime reazioni all’introduzione della tassa sugli interpelli.
Per l'Ungdcec (Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili): "rendere l'interpello, istanza che il contribuente rivolge all'Agenzia delle Entrate per ottenere chiarimenti, prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, una consulenza a pagamento è un grave errore" (…) “si va a snaturare completamente il senso di uno strumento che negli anni si è rivelato molto utile per cittadini e professionisti”.
Secondo il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Giampaolo Di Marco: “Non si può fare cassa su uno strumento che è indispensabile ogni giorno a migliaia di cittadini e professionisti”.
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