Il provvedimento con cui il Gip, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al Pm perché valuti la possibilità di chiedere l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto, non è “abnorme” e, quindi, non è ricorribile per Cassazione.
Lo hanno spiegato le Sezioni Unite penali di Cassazione con sentenza n. 20569 del 9 maggio 2018, secondo le quali la considerazione del provvedimento in esame rispetto alla nozione di abnormità “induce ad escludere che esso presenti così marcate anomalie da porsi al di fuori dell’ordinamento”.
La specifica questione era stata sottoposta all’esame delle Sezioni Unite dalla Quarta sezione penale della Corte, dopo che questa aveva rilevato, in proposito, l’esistenza di un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di legittimità.
Orbene, per il massimo Collegio di legittimità, con la restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell’articolo 459 del Codice di procedura penale, non si realizzerebbe né un indebito ritorno ad una fase del procedimento già esaurita e conclusa e nemmeno una paralisi irrimediabile del suo corso.
Il Pm è, infatti, nuovamente titolare degli originari poteri di iniziativa e di impulso processuale, poteri che può esercitare, da un lato, ripresentando la richiesta di emissione del decreto penale di condanna emendata dagli eventuali errori segnalati, dall’altro, procedendo con altro rito e, per finire, attraverso una richiesta di archiviazione del processo.
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