Fusioni, test di validità ampio

Pubblicato il 26 ottobre 2006

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 116/06, fornisce una interpretazione fortemente innovativa dell’articolo 172, comma 7, del Tuir in materia di riporto delle perdite in caso di fusione: è necessario che le società, compresa l’incorporante, abbiano conseguito, nell’esercizio precedente a quello di delibera di fusione, un ammontare di ricavi o proventi dell’attività caratteristica e di spese per prestazioni di lavoro subordinato di ammontare superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Il problema è che se tali requisiti sono presenti alla data di chiusura dell’ultimo periodo di imposta potrebbero non esserlo al momento della fusione stessa, a causa del conferimento del ramo d’azienda che di fatto ha svuotato di contenuto operativo e produttivo la società. In altre parole, i requisiti per il riporto non esistono più al momento della fusione, ma lo erano alla data di chiusura del periodo di imposta precedente, come richiesto dalla norma. L’Agenzia, con il documento in esame, risolve negativamente per il contribuente l’istanza di interpello formulata nell’ambito dell’applicabilità delle disposizioni antielusive (valutando l’operazione alla luce della norma antielusiva di cui all’articolo 37-bis del Dpr 600/73). Pertanto, secondo il Fisco, il riporto delle perdite non sarà possibile se la società viene svuotata nell’esercizio in cui è decisa l’opzione. La ratio della disposizione è finalizzata a evitare il commercio di “bare fiscali”, facendo così ritenere che la verifica delle condizioni per il riporto deve essere prolungata anche nella frazione di esercizio in cui la fusione è deliberata e fino alla data della suddetta delibera.

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