Fusione tra enti non commerciali con registro in misura proporzionale

Pubblicato il 14 gennaio 2019

In caso di fusione fra due enti non commerciali si applica l’imposta di registro nella misura proporzionale del 3% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Lo precisa l’agenzia delle Entrate a mezzo di risoluzione n. 2 dell’11 gennaio 2019, fornendo risposta ad un notaio che ha posto in essere una fusione tra due fondazioni bancarie che si qualificano come enti non commerciali.

L’incorporante acquisirà anche un bene immobile che appartiene alla fondazione incorporanda.

Atto di fusione tra enti non commerciali: imposta di registro proporzionale

Le Entrate specificano che non vanno assoggettati ad Iva i passaggi di beni derivanti da atti di fusione e, di conseguenza, per il principio di alternatività Iva/Registro (art. 40, Dpr 131/1986), si deve applicare l’imposta di registro nella misura proporzionale del 3% (articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986), quando la fusione avviene tra enti non commerciali.

Invece, quando la fusione avviene tra società o enti “aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricola”, si deve applicare l’imposta di registro in misura fissa.

Per quanto attiene alle imposte ipotecaria e catastale, ai sensi dell’articolo 4 della Tariffa allegata al Dlgs 347/1990 e dell’articolo 10, comma 2, dello stesso decreto, agli atti di fusione o di scissione di società si applica l’imposta nella misura fissa di 200 euro.

Con riferimento al bene immobile – si legge nella risoluzione n. 2 del 2019 - per la determinazione della base imponibile dell’imposta di registro occorrerà fare riferimento al valore venale in comune commercio.

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