Novità per i buoni pasto
Il fringe benefit rappresenta un tipo di integrazione retributiva accessoria corrisposta ai lavoratori dipendenti e riportata nella busta paga, in aggiunta alla retribuzione mensile. Costituiscono, ad esempio, fringe benefit tra i più comunemente erogati ai dipendenti, gli autoveicoli, le autovetture, gli autocaravan, i motoveicoli e i ciclomotori concessi anche in uso promiscuo, gli alloggi, i buoni pasto, i tablet e gli smartphone.
Il fringe benefit costituisce lo strumento principale a disposizione dei datori di lavoro per realizzare il c.d. welfare aziendale incentivando la produttività e aumentando il benessere dei lavoratori.
L’erogazione dei fringe benefit coinvolge il datore di lavoro o committente che eroga il compenso in natura, e il soggetto percettore che effettua la prestazione lavorativa.
Dal 9 settembre 2017 sono entrate in vigore alcune novità per quanto concerne i buoni pasto; in particolare il D.M. n. 122 del 7 giugno 2017, fornisce le istruzioni operative per una corretta gestione e fruizione degli stessi.
In particolare i buoni:
In generale il legislatore ha riservato un trattamento favorevole relativamente agli effetti fiscali e contributivi, per i compensi in natura (c.d. fringe benefit) corrisposti ai dipendenti o ai collaboratori. Le regole di tassazione dei compensi tassabili sono variabili in relazione alla categoria di fringe benefit preso in considerazione.
E’ opportuno distinguere il trattamento tributario dei benefici tassabili in capo al lavoratore rispetto a quello in capo al datore di lavoro o committente.
Il fringe benefit determina in capo al percettore lavoratore subordinato, un reddito di lavoro dipendente, tenendo presente che occorre fare riferimento al momento in cui il bene o il servizio escono dalla disponibilità del datore di lavoro per entrare nella sfera patrimoniale del lavoratore.
In capo al datore di lavoro, i compensi tassabili configurano delle spese per prestazioni da lavoro dipendente deducibili in sede di quantificazione del reddito d’impresa.
La concessione dell’auto ai dipendenti fa emergere un compenso in natura che corrisponde convenzionalmente ad una percorrenza annua di km. 4.500 (30% dell’ammontare corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km), tenendo conto del costo chilometrico di esercizio.
E’ anche previsto che il dipendente possa pagare o meno un importo per l’utilizzo del veicolo aziendale.
Nella prima ipotesi l’impresa emetterà fattura, nella seconda ipotesi l’ammontare forfetario si considera reddito di lavoro dipendente e parteciperà alla formazione del reddito del dipendente, a prescindere dagli effettivi costi di utilizzo del mezzo e dall’effettiva percorrenza che il lavoratore effettua.
Se l’impresa addebita gli importi al dipendente con emissione di fattura in base alle tariffe ACI (costo chilometrico di esercizio), possono essere adottati due metodi di calcolo:
Con il primo metodo viene compilata dal dipendente una scheda mensile, dove si annoteranno i chilometri percorsi per motivi extraaziendali, che verranno addebitati in fattura in base alle tariffe ACI; l’ammontare degli addebiti al dipendente è calcolato in proporzione ai giorni non lavorativi in cui l’auto si usa per motivi personali.
Con il metodo a forfait, si addebita al lavoratore un importo forfetario per l’uso personale dell’auto al dipendente.
NB! - L’obbligo di annotazione degli utilizzatori abituali sulla carta di circolazione riguarda solo l’ipotesi di comodato gratuito. Sono esclusi gli utilizzi di veicoli in fringe benefits e comunque, gli utilizzi promiscui di auto aziendali. |
Per stabilire l’importo da sottoporre a tassazione in caso di uso promiscuo del veicolo a motore, occorre fare riferimento al costo totale di percorrenza esposto e pertanto, in sede di calcolo del benefit, si assume il valore convenzionalmente attribuito ai 4.500 km, detraendo dal reddito del lavoratore, gli eventuali importi restituiti all’impresa o da questa trattenuti in busta paga.
Inoltre, tenuto conto che il forfait comprende tutte le voci di spesa, il datore di lavoro deve rimborsare a piè di lista tutte le note spese che presenta il dipendente, in base alle carte carburante in dotazione al veicolo, anche se concernono viaggi effettuati per l’azienda oppure a titolo personale.
Il T.U.I.R. (art. 164, co. 1, lett. b-bis) prevede la deducibilità delle spese auto per i datore di lavoro, nella misura del 70%, non rilevando la durata del periodo di possesso del veicolo da parte del dipendente.
L’impresa può portare in deduzione dal proprio reddito unicamente l’ammontare pari al fringe benefit sottoposto a tassazione in capo al dipendente.
Se il dipendente versa delle somme per l’utilizzo del veicolo per rimborsare in tutto o in parte il costo sostenuto dall’impresa, tali somme, da un lato, vanno a decurtare il reddito di lavoro dipendente e dall’altro, concorrono a formare il reddito dell’impresa.
L’impresa è libera di farsi rimborsare le spese relative all’utilizzo privato nei giorni di sabato e domenica o durante le ferie, emettendo fattura con Iva ordinaria sul dipendente e tenendo presente che le tariffe ACI sono già comprensive di Iva.
NB! - Ai fini Iva non è possibile la detrazione integrale dell’imposta assolta sulle auto, ma secondo il principio dell’inerenza del veicolo all’attività lavorativa svolta e di conseguenza, la detrazione incontra un limite nell’utilizzo reale del mezzo di trasporto (di norma, si assume la detrazione al 50%). |
Il costo convenzionale del fringe benefit è contenuto in apposite tabelle nazionali elaborate entro il 30 novembre di ogni anno dall’ACI, e comunicate annualmente dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entro il 31/12 dello stesso anno, con effetto dal periodo d’imposta successivo.
Il costo si commisura al periodo dell’anno durante il quale al lavoratore è concesso l’uso promiscuo del veicolo, conteggiando il numero dei giorni per i quali il veicolo è assegnato al lavoratore, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.
In caso di assegnazione di immobili, costituisce reddito di lavoro dipendente la differenza tra la rendita catastale effettiva, aumentata di tutte le spese inerenti l’immobile (utenze, spese condominiali, utenze non a carico dell’utilizzatore) e la somma corrisposta dal dipendente per il godimento del fabbricato stesso.
Qualora il fabbricato viene concesso al dipendente in relazione all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso, viene computato il 30% di tale differenza.
Se il fabbricato non soggiace all’obbligo di iscrizione in Catasto (fabbricato situato all’estero), partecipa al reddito la differenza tra il canone di locazione determinato in regime vincolistico (o, in mancanza, in regime di libero mercato) e l’ammontare pagato dal dipendente per l’utilizzo del fabbricato.
Dal punto di vista del datore di lavoro, i canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono ammessi in deduzione per un ammontare non superiore a quello che costituisce reddito in natura per il dipendente.
I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione relativi a fabbricati dati in uso a dipendenti, anche stranieri, che abbiano trasferito la loro residenza nel comune in cui prestano l’attività, sono interamente deducibili nel periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento e nei due successivi.
I canoni di locazione o leasing e le spese per il funzionamento delle strutture ricettive sono indeducibili, a meno che tali strutture non siano destinate a servizi di mensa per la generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio per dipendenti in trasferta temporanea.
NB! - Le spese inerenti al fabbricato comprendono le utenze pagate dal datore di lavoro (luce, gas, telefono, tassa rifiuti e simili), ma non includono le spese per definizione rientranti nel valore della rendita catastale cime la manutenzione ordinaria. |
Ai fini fiscali, ma anche per quelli previdenziali, è necessario attestare l’utilizzo dei fringe benefits tramite una idonea documentazione da valutare volta per volta a seconda della tipologia di compenso in natura corrisposto.
La documentazione probatoria deve attestare che il soggetto si è avvalso del beneficio in natura per giustificare l’assoggettamento o meno a tassazione e a contribuzione in capo all’utilizzatore e la deducibilità o meno del relativo valore in capo al datore di lavoro o committente.
In tutti i casi costituiscono un valido documento giustificativo l’inserimento di un’apposita clausola nel contratto di lavoro stipulato tra le parti, e la lettera di incarico allo svolgimento di una determinata missione.
Nel caso delle auto aziendali:
I dipendenti possono accedere al servizio mensa, avvalendosi di prestazioni sostitutive (buoni pasto o ticket restaurant, servizio ristorante in esercizi convenzionati).
Nello specifico i buoni pasto sono dei documenti di legittimazione, emessi o in forma cartacea o elettronica, che svolgono la funzione di strumento di pagamento da utilizzare negli esercizi convenzionati in cambio della somministrazione di alimenti o bevande o della cessione di prodotti alimentari.
Il titolare del buono pasto acquisisce il diritto di ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un ammontare pari al valore facciale che corrisponde al valore della prestazione indicato nel buono, mentre l’esercizio convenzionato a cui è ceduto il buono dispone del mezzo per provare nei confronti della società emittente l’avvenuta prestazione di somministrazione di pasti o prodotti alimentari.
I buoni pasto sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale del buono, hanno un valore individuale variabile, non sono cedibili ne cumulabili oltre il limite di otto tagliandi ne commercializzabili ne convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare; tali vincoli vanno riportati espressamente sul tagliando dei buoni.
I buoni pasto sono equiparabili ai compensi in denaro e non alle erogazioni in natura e, pertanto, non sono convertibili in denaro, ma vi è la possibilità di integrarli con denaro se il valore dei buoni impiegati sia inferiore al costo dei prodotti alimentari acquistati.
I buoni sono veri e propri compensi corrisposti ai dipendenti, non partecipano al reddito del dipendente fino all’importo di 5,29 euro al giorno (se erogati in forma cartacea) ovvero di 7 euro al giorno (se erogati in forma elettronica), purché i benefici siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori e sempre che siano corrisposti nella misura di uno per ogni giorno effettivamente lavorato, ad esclusione dei giorni nei quali sono stati prestati servizi di mensa o indennità sostitutive di mensa esclusi dall’imposizione tributaria e previdenziale.
NB! - L’eccedenza rispetto a tale soglia va sottoposta a tassazione, al netto di eventuali somme addebitate al dipendente. |
L’importo del valore nominale del ticket eccedente il limite anzidetto non può mai essere considerato assorbibile dalla franchigia annuale di 258,23 euro valida per i beni ceduti e i servizi prestati dal datore di lavoro.
Tale limite va verificato rispetto al valore nominale del ticket restaurant, che non costituisce un’erogazione in natura e, quindi, non può essere computato nella franchigia di esenzione di 258,23 euro.
NB! - Dal punto di vista del datore di lavoro, i costi per i pasti sostitutivi della mensa aziendale sono in ogni caso deducibili ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP. |
L’assegnazione del buono pasto non costituisce un obbligo per il datore di lavoro, salvo espressa previsione del CCNL applicato, ovvero dell’accordo o regolamento aziendale.
Destinatari del buono sono:
Relativamente alle caratteristiche dei buoni, secondo quanto previsto dal D.M. n. 122 del 7 giugno 2017, è previsto che gli stessi:
I buoni in formato cartaceo dovranno contenere:
I buoni gestiti in modalità elettronica, dovranno invece riportare:
Rispetto alla previgente normativa, adesso i buoni pasto sono cumulabili nel limite di otto buoni (tenendo sempre fermo il principio che non potranno essere utilizzati buoni in numero superiore alle giornate di lavoro prestate nel mese).
La precedente disciplina limitava l’utilizzo di un singolo “ticket” per ogni giornata lavorativa.
NB! - Il valore facciale del buono pasto è comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto prevista per le somministrazioni al pubblico di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo. |
Il decreto n. 122/2017, nel garantire la libera concorrenza ed un efficiente uso del servizio, individua gli esercizi presso cui può essere erogato il servizio, oltre che a definire i contenuti degli accordi tra le società di emissione dei buoni pasto stessi e i titolari degli esercizi convenzionati.
Il provvedimento stabilisce che il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto può essere erogato esclusivamente dai soggetti legittimati ad esercitare:
Il decreto fornisce inoltre chiarimenti e prescrizioni sul contenuto e sulla validità della contrattazione tra titolari degli esercizi abilitati e società di emissione dei buoni.
Gli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili dovranno contenere i seguenti elementi:
NB! - Gli accordi stipulati possono essere modificati con specifica accettazione delle parti esclusivamente in forma scritta, a pena di nullità. |
Secondo le previsioni del TUIR (Art. 51, comma 2, lettera c), D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986), non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:
Qualora il valore del singolo buono pasto superi i suddetti limiti di esenzione, la quota eccedente dovrà essere assoggettata a prelievo contributivo e fiscale.
Inoltre se nell’arco di un mese venga assegnato un numero di buoni pasto superiore ai giorni di effettiva prestazione lavorativa, il valore in eccesso costituirà reddito di lavoro dipendente imponibile.
Quadro Normativo |
Decreto Ministero Sviluppo Economico n. 122 del 7 giugno 2017 D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 |
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".