Sciolti dall’Amministrazione finanziaria alcuni dubbi derivanti dalla indebita fruizione del regime forfetario.
Con le due risposte ad interpello nn. 499 e 500 del 26 novembre 2019, l’Agenzia affronta, rispettivamente, il tema delle ritenute d'acconto non operate dal sostituto d'imposta e quello dell’Iva addebitata a titolo di rivalsa e non incassata.
Il caso di specie analizzato è lo stesso: nei primi mesi del 2019, un contribuente, ritenendo di avere i requisiti per accedere al forfetario, aveva emesso quattro fatture senza addebitare l’Iva e senza esporre la ritenuta d’acconto. Le fatture sono state pagate dal committente. Una volta accortosi dell’errore, il contribuente ha emesso quattro note di variazione in diminuzione per stornare le fatture errate e quattro nuove fatture elettroniche con addebito di Iva e con esposizione della ritenuta, che però sono state rifiutate dal cliente.
Nella risposta ad interpello n. 499/2019, l’Agenzia scioglie il dubbio del contribuente circa la possibilità di compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d'acconto non versate dal sostituto d'imposta.
L’Agenzia ricorda che chi applica il regime forfetario beneficia di una serie di semplificazioni contabili, tra le quali, anche la possibilità di non esercitare la rivalsa ai fini Iva e di non essere soggetti alla ritenuta d'acconto.
Inoltre, in caso di indebita fruizione di tale regime, il contribuente può rimediare all’errore anche emettendo e trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l'Iva da versare all'erario ed esponendo la ritenuta d'acconto (articolo 26, comma 2, Dpr n. 633/1972).
L’istante racconta di aver adottato correttamente tale soluzione, di conseguenza, secondo l’Agenzia, il rifiuto del cliente non è giustificato.
Circa, poi, la richiesta di poter compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d’acconto non versate dal sostituto d’imposta, l’Agenzia evidenzia come la cliente non ha operato la ritenuta, avendo rifiutato sia le note di variazione in diminuzione emesse a storno delle fatture originarie sia le nuove fatture su cui è stata esposta la ritenuta d'acconto. Pertanto, l’istante non avendo subito le ritenute a titolo d’acconto, non può vantare alcun credito Irpef.
Nella risposta n. 500/2019, l’Agenzia si sofferma sulla questione dell’Iva addebitata a titolo di rivalsa e non incassata, ricordando che “il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e versa l'imposta all'erario in base all'articolo 17, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, ha l'obbligo di addebitare la relativa imposta a titolo di rivalsa al proprio cessionario/committente, come previsto dall'articolo 18, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972".
L'esercizio della rivalsa trova concreta applicazione attraverso l'addebito dell'Iva nella fattura.
Tuttavia, l'effettiva riscossione del credito Iva da parte del cedente/prestatore è ininfluente ai fini del funzionamento del meccanismo dell'imposta. L'obbligo di riversare all'erario l'Iva indicata in fattura sorge, comunque, al momento dell'emissione della fattura indipendentemente dal saldo della medesima, che potrebbe essere effettuato in un momento successivo o addirittura non avvenire affatto.
Ciò in quanto, in materia di Iva, il rapporto tributario pubblicistico si instaura esclusivamente tra il cedente/prestatore e l'Amministrazione finanziaria. Al contrario, invece, la rivalsa si effettua sulla base di un rapporto di natura non tributaria, ma privatistica, diverso da quello tra cedente/prestatore e Amministrazione finanziaria.
Conclude così la risposta n. 500/2019: “la possibilità di recuperare l'Iva, correttamente versata all'erario dall'istante in seguito ad emissione delle nuove fatture ed addebitata a titolo di rivalsa, ma non versata dal committente, non trova soluzione nel sistema fiscale, salvo che non si proceda con una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa”.
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