Recentemente, sia la giustizia tributaria che la stessa agenzia delle Entrate si sono mosse nella direzione di voler definire i confini dell’abuso di diritto, al fine di contrastare tutti quei comportamenti che potevano celare eventuali manovre elusive. Scopo della presa di posizione è quello di prevedere un meccanismo in grado di controllare tutte le richieste, pervenute al centro operativo di Pescara, aventi ad oggetto i rimborsi ai soggetti non residenti. Secondo l’Amministrazione finanziaria, le richieste devono essere valutate attentamente con un criterio selettivo in modo da poter identificare inequivocabilmente i beneficiari effettivi e, allo stesso tempo, individuare quelli la cui domanda deve essere rigettata.
Con la sentenza n. 341/1/2009 della Ctp Pescara, la sentenza n. 25726/2009 e la precedente pronuncia n. 22932/2005 della Corte di Cassazione, si è arrivati ad una definizione più puntuale dell’abuso di diritto, necessaria per chiarire quei meccanismi attraverso cui i crediti d’imposta finalizzati ad ottenere benefici fiscali venivano creati “artificiosamente”, grazie a temporanee cessioni all’estero di titoli societari.
Secondo il nuovo orientamento, per abuso di diritto si deve intendere il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un’agevolazione oppure un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dall’aspettativa di quei benefici. Dunque, il divieto di abuso di diritto si traduce in un principio generale antielusivo.
Ma fino a che punto il risparmio che si intende conseguire può ritenersi lecito e quando, invece, può essere considerato elusivo?
Sul quesito si sono interrogate spesso sia la prassi che la giurisprudenza. Per quest’ultima, un comportamento si considera elusivo quando il soggetto passivo d’imposta, spinto dall’obiettivo di ridurre il proprio carico fiscale, pone in essere atti giuridici solo formalmente rispettosi della norma, ma che di fatto risultano idonei ad aggirare obblighi e divieti tributari. Queste condotte che appaiono ovviamente volte ad eludere la norma fiscale, dando origine a veri e propri atti di evasione fiscale, si intrecciano spesso con comportamenti che sono totalmente leciti, anche se finalizzati alla realizzazione di un risparmio legittimo d’imposta.
In quest’ottica, si devono considerare i meccanismi di controllo messi in atto dall’Amministrazione fiscale, per individuare tutti quei comportamenti elusivi che pesano sul sistema tributario nazionale. Infatti, dato che spesso molte operazioni di dividend washing e dividend stripping vengono poste in essere proprio con il fine di eludere il carico fiscale, il legislatore ha intensificato i controlli su quei comportamenti che possono generare indebiti rimborsi d’imposta. Un esempio in tal senso si è avuto con il Decreto legge n. 40/2010, con cui il legislatore ha posto sotto osservazione i rapporti internazionali tra imprese, che in realtà celano comportamenti elusivi/evasivi della normativa nazionale.
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