Procreazione assistita e coppie gay. Una sola mamma nello stato civile

Pubblicato il 06 aprile 2020

Respinto il ricorso promosso da una coppia omosessuale contro il rigetto opposto dall’Ufficiale di stato civile alla richiesta di ricevere la dichiarazione congiunta di riconoscimento di una bambina, nata da fecondazione assistita praticata all’estero.

La coppia era formata da due donne, una delle quali era madre biologica della minore mentre l’altra aveva dichiarato di essere genitrice intenzionale per avere dato il consenso alla tecnica della procreazione medicalmente assistita (PMA) a cui si era sottoposta la prima.

La loro domanda, nello specifico, era volta alla rettifica dell’atto di nascita della bimba, formato in Italia, nel senso di vedersi riconoscere entrambe come genitrici della minore.

PMA. No alla rettifica dello stato civile con due mamme

Secondo i giudici di secondo grado, tuttavia, l’Ufficiale di stato civile non aveva il potere di inserire in un atto dello stato civile, come quello in esame, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle consentite dalla legge.

Una conclusione, questa, confermata dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 7668 del 3 aprile 2020, ha giudicato infondati tutti i motivi di doglianza sollevati dalle ricorrenti.

Nel dettaglio, gli Ermellini hanno ritenuto che la Corte di merito avesse fatto corretta applicazione della disciplina e dei divieti vigenti in materia di procreazione medicalmente assistita, rafforzati dalla previsione di sanzioni amministrative a carico di chi applica tali tecniche a coppie composte da soggetti dello stesso sesso.

Nella specie, infatti, una sola persona aveva diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita, in virtù del rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato, a prescindere da dove fosse avvenuta la pratica fecondativa.

Una tale interpretazione – hanno altresì sottolineato i giudici di Piazza Cavour – non è inficiata dai recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di adozione dei minori da parte di coppie omosessuali.

Vi è infatti una differenza essenziale tra adozione e PMA: l’adozione non serve per dare un figlio ad una coppia ma principalmente per dare una famiglia al minore che ne è privo, la PMA serve a dare un figlio non ancora venuto a esistere a una coppia.

E mentre nell’adozione il minore è già nato, emergendo, come specialmente meritevole di tutela, il suo interesse a mantenere relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate, in presenza di PMA, non è irragionevole “che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni di partenza”.

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